lunedì 23 dicembre 2013

Auguri stellina mia!


Eccomi a scrivere un post dedicato esclusivamente a te, figlia mia adorata..e mi scuso prima ancora di cominciare perché so  che non ami che io parli di te.
Oggi però è un giorno speciale, è un compleanno speciale, oggi compi 30 anni, entri nella categoria "enta" e ti rassicuro di non sentirti "vecchia" perché una donna a trent'anni è nel pieno della sua bellezza, è nello splendore dei suoi anni.
Puoi accogliere la vita spalancando le braccia e assaporando i doni che ti darà; hai risorse necessarie per affrontare i fardelli che potrà darti e superarli con forza d'animo, oltre che fisica.
Quando sei nata ho sentito dentro di me accendersi una stella..se non avessi già scelto il nome per te, ritengo che quello più appropriato sarebbe stato, appunto, Stella.
Una stella piena di luce e tanta, tanta energia..ti avevo data alla luce e tu, di rimando, mi avevi inondata di luce!


Mi sentivo forte,  sentivo che potevo spaccare il mondo,  sentivo che niente mi avrebbe più fatto paura, sentivo tutta la felicità del mondo nelle mie vene..ero ubriaca..ubriaca di luce e felicità!
E ho provato fin dal tuo primo vagito l'amore assoluto, senza condizionamenti, senza egoismi, senza limiti!
Se la tua vita era scaturita da me, da quel momento in poi la mia vita apparteneva a te.
Tu eri mia, in quanto figlia, io ero tua, in quanto madre..noi ci appartenevamo in un legame indissolubile, che niente e nessuno potrà mai spezzare.
Passo dopo passo sei cresciuta, per fortuna ciò avviene gradualmente ed una madre ha il tempo di abituarsi all'idea che la sua bambina sia diventata donna, come lei.
Qualche anno fa ti ho rivista bambina in un video, con il tuo visetto da bimba, la vocina tenera che mi parlava dallo schermo..e non ho potuto trattenere le lacrime!
Della tua infanzia mi mancano i  momenti "nostri" assoluti, i viaggi in aereo, dove tu, piccola, ti affidavi a me, dandomi la mano, e osservavi il mondo dall'alto senza paura, perché al tuo fianco c'ero io e niente di male poteva succederti!
Le nostre scorpacciate di Nutella davanti al barattolone, una di fronte all'altra, la Nutella in mezzo e i nostri cucchiai che affondavano dentro alla deliziosa crema, i sorrisi "al cioccolato" e la tua vocina che diceva "L'ultimo boccone, mammina, il più grande, il "re""!


Le nuotate a mare dove ci spruzzavamo l'acqua saltellando ed emettendo gridolini di gioia; la ricerca sott'acqua di ricci e la tua manina che ne raccoglieva uno ammirando estasiata i movimenti degli aculei.
Ti rivedo ancora, come se fosse oggi, scendere i gradini di casa nostra, per recarti alla scuola materna, io in basso che ti aspetto e ti ammiro nella tua piccola, innocente vanità, gli occhiali da sole sul nasino, il colletto vezzoso della camicia, il tuo incedere aggraziato fin da bambina.
Tutti gli scambi emotivi vissuti sono la nostra storia privata, tutte le carezze, tutti i baci, tutti i sorrisi, tutti i pianti, tutte le urla, tutte le confidenze, tutte le paure, tutte le sofferenze, tutte le gioie.
Appartengono a noi due e hanno fatto di te la donna meravigliosa che sei; ricordi, tra le tante cose che provavo a trasmetterti ce n'era una che ripetevo più spesso "Devi dire quello che pensi e senti, non devi diventare come quelle persone che pensano una cosa e poi ne dicono un'altra. Se non puoi dirla, meglio tacere, ma non voglio che tu diventi come quelle brutte persone! Quello che hai nel cuore hai nelle parole." Devo dire che hai assimilato bene il concetto, perché fingere è la cosa che ti riesce peggio..essere diplomatica proprio non ne parliamo!!!



Sei sempre stata attratta dall'armonia e dalla bellezza..due elementi di cui il tuo fisico è plasmato, perché innegabili sono, appunto, la tua grazia e la tua bellezza.


Ma solo chi ha il privilegio di conoscerti davvero, scopre che la bellezza ti appartiene anche dentro, nei sentimenti che provi, nei pensieri che formuli, nei valori in cui credi.
E che dire del tuo amore per gli animali? Un amore vero, senza compiacimento o esibizionismo,  amore puro e semplice, tutto rivolto al loro bene!
Buon compleanno figlia mia, spero tu sia orgogliosa di me come lo sono io di te, sei esattamente la figlia che vorrei!
Concludo con una frase di Gandhi:  "Serenità è quando ciò che dici, ciò che pensi, ciò che fai, sono in perfetta armonia."

PS: Io e te non saremo mai sole perché nel cielo brilleranno sempre quelle due stelle! 






mercoledì 20 novembre 2013

Rocchetti e pistole - Tredicesima puntata


Riassunto delle puntate precedenti : Anna è una bella ragazza di quindici anni e si ritrova, subito dopo la guerra, sola con la madre, in quanto il fratello risulta disperso in Russia, mentre del padre si sono perse le tracce dopo essere andato in America, in cerca di fortuna e benessere per sè e la famiglia, quando lei era piccola.Quello tra i suoi genitori era stato un vero e proprio colpo di fulmine, seguito dalla "fuitina" e dal matrimonio. Il padre di Anna dopo un primo periodo di difficoltà riesce a trovare lavoro in un ristorante gestito da una famiglia di italiani, nel quartiere "Little Italy".
Durante la lontananza del marito, la giovane donna, rimasta sola con due bambini, piuttosto che rivolgersi ai familiari suoi e del marito, inizia a lavorare presso una sarta e riesce a farsi apprezzare sia dalla sua datrice di lavoro che dalle clienti. In particolare Cettina instaura un rapporto di stima ed affetto con una delle sue migliori clienti, la signora Carla. Nel quartiere Little Italy Antonio, grazie ai titolari italiani della trattoria in cui lavora, riesce a trovare una casa  dignitosa in cui abitare da solo.

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Ben presto Antonio sentì l'esigenza di ambientarsi non solo nel luogo di lavoro, ma anche nella realtà sociale in cui viveva.
La prima, non indifferente difficoltà, era la lingua, a lui totalmente sconosciuta.
Iniziava a capire alcune parole che ricorrevano spesso nel posto di lavoro, e qualche altra per farsi capire per le necessità basilari, normalmente subentravano i titolari della trattoria a toglierlo d'impiccio quando qualche cliente provava a discorrere con lui.
Si iscrisse quindi ad un corso serale d'inglese per immigrati, frequentato da italiani adulti ,  dei quali molti erano analfabeti, cosa che rendeva l'apprendimento molto ostico.  
Antonio comprò una bicicletta e iniziò a girare per la città durante il giorno di riposo, esplorò la parte più a nord di New York, piena di grattacieli che gli causavano le vertigini solo a guardarli.
Ogni volta che si recava a Manhattan non mancava di passeggiare a  Times Square, scendeva dalla bicicletta e camminava lentamente, tenendo il manubrio con una mano; l'edificio che lo lasciava letteralmente senza fiato era l'Hotel Astor, l’albergo più grande della sua epoca, era alto undici piani, aveva mille camere, la luce elettrica e il riscaldamento e la sua superficie si estendeva per 3.300 metri quadrati. Era famoso anche per i locali pubblici lussuosamente decorati, il giardino pensile – molto innovativo per i tempi – la sala da ballo e i ristoranti esotici.
 Su di esso Antonio fantasticava, immaginava uomini ricchissimi , accompagnati da donne bellissime e profumate, seduti mentre, con il sigaro in una mano e la coppa di champagne nell'altra, ridevano divertiti  alle ragazze con le braccia nude e le calze di seta.  



Era consapevole che quello era un mondo, per cultura e ceto, lontano da lui tanto quanto lo era la terra  dalla luna, e le sere che lasciava la finestra aperta, da dove filtrava la luce argentata della luna,  sperava che anche la sua  Cettina, ammirando lo stesso disco argentato risplendente nell'oscurità, lo pensasse con la stessa sua intensità , e con gli occhi lucidi di lacrime, iniziava a suonare l'armonica a bocca, diffondendo nel quartiere struggenti note intrise di nostalgia e d'amore.

sabato 9 novembre 2013

Rocchetti e pistole - Dodicesima puntata





Riassunto delle puntate precedenti : Anna è una bella ragazza di quindici anni e si ritrova, subito dopo la guerra, sola con la madre, in quanto il fratello risulta disperso in Russia, mentre del padre si sono perse le tracce dopo essere andato in America, in cerca di fortuna e benessere per sè e la famiglia, quando lei era piccola.Quello tra i suoi genitori era stato un vero e proprio colpo di fulmine, seguito dalla "fuitina" e dal matrimonio. Il padre di Anna dopo un primo periodo di difficoltà riesce a trovare lavoro in un ristorante gestito da una famiglia di italiani, nel quartiere "Little Italy".
Durante la lontananza del marito, la giovane donna, rimasta sola con due bambini, piuttosto che rivolgersi ai familiari suoi e del marito, inizia a lavorare presso una sarta e riesce a farsi apprezzare sia dalla sua datrice di lavoro che dalle clienti. In particolare Cettina instaura un rapporto di stima ed affetto con una delle sue migliori clienti, la signora Carla.


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Antonio lavorava con soddisfazione nel ristorante sito in  Little Italy, i titolari erano brave persone, italiani del sud Italia come lui, gente che dopo tanti sacrifici aveva raggiunto un discreto benessere ed era riuscita ad inserirsi nel contesto sociale americano.
Il titolare si chiamava Salvatore ed era un ometto tarchiato, scuro  di pelle con baffi neri come la pece ed un sorriso sdentato che si allargava da un orecchio all'altro!
La moglie era ancora bella, dagli insoliti colori chiari, retaggio di antiche dominazioni normanno-sveve-francesi nel sud d'Italia.
Teneva i capelli color biondo-scuro raccolti in una banana e l'unico vezzo che si concedeva era dipingere le labbra di un rosso intenso.




Salvatore anni prima si era avventurato in America da solo, proprio come Antonio, e appena aveva raggiunto una stabilità abitativa ed economica aveva chiesto alla moglie ed ai figli di raggiungerlo, perchè stare da solo, lontano da loro per troppo tempo, lo immalinconiva.
Aiutato dalla moglie portò avanti con soddisfazione il suo ristorante, fino ad assicurarsi una cerchia fidata di clienti, più i turisti e gli avventori sporadici.
I titolari propronevano piatti tipici regionali del loro paese, ed essendo entrambi due bravi cuochi facevano letteralmente deliziare i clienti. 
Quando i ragazzi crebbero iniziarono a collaborare nella trattoria dei genitori, il ragazzo, mentre frequentava la scuola, durante le vacanze estive, la ragazza in pianta stabile in cucina, dopo aver completato la High  School.
Tutta la famiglia accolse bene Antonio, il quale venne subito promosso a cameriere ed intrattenitore, percependo una paga adeguata.
Spesso, inoltre, lo invitavano il lunedì, giornata di chiusura del ristorante, a pranzo a casa loro.
Dopo qualche mese Salvatore trovò una minuscola abitazione per Antonio,  in un vecchio edificio, un posto dove abitare da solo finalmente e con il bagno dentro casa; il proprietario era un  vecchio amico e cliente di Salvatore.
Antonio scriveva tutto alla sua amata Cettina, tranquillizzandola così sulle condizioni in cui lui viveva e lavorava.
"Dio ha ascoltato le mie preghiere e mi ha fatto incontrare questa brava gente, dopo soli sei mesi io ho un lavoro ben pagato ed un appartamentino consistente in una stanza con bagno, dove stare.
 Cerco di risparmiare il più possibile così da mettere da parte  i soldi necessari per tornare da te e comprare un pezzo di terra e una casetta per noi e i bambini."
Cettina dal canto suo gli rispondeva di mettere da parte quanto più poteva, perchè lei con il suo lavoro di sarta riusciva a mantenere dignitosamente sè ed i bambini.
Nei bambini il ricordo del padre sbiadiva giorno dopo giorno, soprattutto nella piccola Anna, troppo piccola per avere un ricordo del padre prima della partenza.

venerdì 8 novembre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Nona ed ultima puntata







































Ho scoperto che persino la tartaruga terrestre ha un cervello ed un cuore; prima pensavo che fossero quasi delle amebe.

Ritenevo che a loro bastasse avere del cibo ed un po’ di spazio dove camminare lentamente.

Grazie a mia figlia ho scoperto che la tartaruga è un animale intelligente, affettuoso e..dispettoso.

Interagiva con le gatte rubando loro il cibo, appena loro sonnecchiavano ignare lei inseriva l’acceleratore e in un attimo era vicina alla loro ciotola , vi poggiava le zampette ruvide, spalancava la bocca e mangiava il loro cibo.

Se poi una di loro se ne accorgeva ed accorreva soffiandole e facendola allontanare, lei aspettava al varco ed appena Cora o Wendy si accingevano a mangiare i resti nella ciotola, si avvicinava da dietro e “zac” mordeva la coda!

Un’altra cosa sorprendente era che da Natalia si faceva imboccare.

Mia figlia la sollevava con una mano e tenendola a mezz’aria, con l’altra mano le dava un pezzetto di frutta o un pezzetto di carne; lei ubbidiente spalancava le fauci ed ingoiava.

Se provavo a fare la stessa cosa io, niente, lei muoveva le zampette in segno di protesta e stava con la bocca serrata.

Se insistevo e le spingevo contro il muso il pezzetto di cibo, rientrava la testa!

Le onde d’amore, evidentemente, sono una prerogativa di mia figlia.

A volte mi innervosivo un po’ quando sembrava che Natalia desse un’eccessiva prerogativa alla sicurezza degli animali, mi spiego : quando eravamo a casa lasciavamo che le gatte potessero entrare ed uscire dal terrazzino coperto, stando quindi nella cucina-soggiorno con noi.

Capitava che le micie mi si mettessero quasi sotto i piedi con il rischio di pestarle o di cadere io.

Mia figlia subito insorgeva esclamando con tono di rimprovero : -Mamma, stai attenta, le stavi schiacciando la zampa!- sottovalutando il fatto che oltre a pestare loro una zampa rischiavo di cadere e farmi male.

Allora ci punzecchiavamo un po’, in seguito non ho più fatto caso alla cosa rendendomi conto che ciò fa parte della premura ed attenzione che Natalia ha per chi ritiene più debole ed indifeso.
Quando ho scritto questo racconto Wendy era ancora viva ed in buona salute, ma subito dopo si è ammalata e , nonostante abbia ricevuto tutte le cure necessarie, ci ha lasciati tre anni fa, dopo aver riempito per 19 anni la nostra vita con le sue fusa vibranti amore e i suoi miagolii che richiedevano coccole e attenzioni.
Ciao Wendina, indimenticabile panterina!




giovedì 7 novembre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Ottava puntata














Dopo la morte di Milly continuammo la convivenza con le due gatte che non si soffrivano, da quando Wendy era entrata nella nostra vita erano passati diversi anni ed erano successe tante cose, Natalia ormai era una signorina e aveva anche un ragazzo, aveva nuovi amici, nuovi interessi.

Non direi che trascurasse le sue amiche feline ma certamente il tempo da dedicare a loro si era contratto, era anche cambiato il modo di rapportarsi a loro.

Nel cortile del nuovo condominio si accorse subito che c’erano dei gatti a cui qualcuno portava del cibo, ed ovviamente contribuì scendendovi regolarmente cibo e concedendo carezze ed attenzioni anche a questi inquilini “abusivi”.

Nacque una tacita alleanza con la famiglia che si prendeva cura dei gatti del cortile e una guerra fredda con la maggior parte degli inquilini che non tolleravano la presenza dei gatti, lamentandosi che sporcavano e spaventavano i bambini.

Ovviamente in primavera ci fu una cucciolata e Natalia con il fiuto che la contraddistingueva scovò subito il luogo dove mamma gatta aveva nascosto la cucciolata.

Con l’immediata empatia che si instaurava tra lei ed i gatti, la mamma dei gattini concedeva a lei sola di avvicinarsi, di accarezzarli, di prenderli in mano.

A tal proposito vorrei aprire una parentesi e dire di come io ammiri mia figlia per l’amore profondo, incondizionato, tenace che prova per gli animali e soprattutto per i gatti.

Questa è una cosa che non le ho mai detto, forse per pudore, ma io avrei voluto avere la costanza del suo amore per gli animali e la sua forza nel difendere questo suo sentimento, contro tutte le critiche che le sono state spesso sollevate e le lotte che ha dovuto affrontare in più occasioni in loro difesa.
 
Natalia ama gli animali di un amore vero e puro, senza secondi fini, senza interesse di alcun tipo, senza smanie di protagonismo.

Lei mette la sua persona a disposizione di questo legame innato e loro, gli animali, lo sentono immediatamente.

Non c’è cane intrattabile o gatto ringhioso che non si inchini davanti al suo amore in attesa di affetto e coccole.

Fin da piccolissima, quando la portavo con me a fare delle passeggiate, se c’era un cancello con dietro un cane enorme che abbaiava a chiunque, lei trottava subito verso l’animale e prima che io potessi trattenerla le sue manine già erano passate attraverso le sbarre del cancello e accarezzavano il gigante minaccioso che al suo contatto guaiva e scodinzolava tremante di gioia.

La sua vocina era come un flauto magico per le loro orecchie, appena lei li chiamava, tutti, indistintamente, cani e gatti, ovunque si trovassero, accorrevano e si lasciavano toccare, accarezzare, abbracciare.

Erano delle onde d’amore evidentemente percepite solo dalle loro orecchie ed i loro cuori.

Io prima cercavo di arginare questa esigenza di amore ed attenzione di mia figlia verso gli animali , poi mi sono inchinata a questo esempio di generosità ed affetto e l’ho assecondata.

Quando ero bambina amavo anch’io gli animali, ma in famiglia sono stata meno assecondata e, indubbiamente, non avevo la dote di Natalia di perseverare nell’impegno e nell’amore verso gli animali.

Nella mia casa, da adulta, sono passati gatti, cani, galline, paperelle, criceti, tartarughe.

Se un freno ho dovuto spesso porre è stato per questioni di spazio e di esigenze condominiali, diversamente la nostra casa sarebbe diventata una sorta di “arca di Noè”.

domenica 3 novembre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Settima puntata











Un aspetto buffo della convivenza tra gatti e cane fu che Bruna, per imitazione, imparò a fare dei balzi incredibili con un’agilità tutta..felina, e ben presto, con un salto imparò anche lei a salire sul tavolo!

Ovviamente Milly dimostrò la sua bontà ed il suo istinto materno anche con un rappresentante della razza canina, infatti più di una volta scoprimmo lei e Bruna sonnecchiare accucciate l’una a fianco all’altra.

Bruna rimase con noi soltanto un anno, poi nella nostra vita subentrò Roberto, questa volta un umano adulto interessato a me, che volle sposarci tutte quante e ci trasferimmo in un appartamento più grande, in un condominio dove non accettavano cani in appartamento.

Soffrimmo molto per la separazione, ma ci confortava il fatto che la sapevamo affidata a persone che l’avrebbero curata ed amata.

Consolai Natalia spiegandole che il percorso della vita è fatto di incontri e di separazioni, l’importante era conservare dentro di noi sempre vivo il ricordo di chi, in un modo o nell’altro, percorreva un tratto di strada con noi.

A volte ci sono anche gli addii e la mia bambina dovette provarlo quando Milly ci lasciò per sempre, quasi improvvisamente.

Appena alzata, prima di fare colazione, Natalia correva a salutare le sue amiche, una mattina trovò Milly immobile con gli occhi dilatati che non rispondeva alle sue carezze.
 
Venne dentro piangendo “Mamma, Milly sta male, sta morendo.”

Corsi a vedere di cosa si trattasse, la gatta non rispondeva alle carezze, sembrava non vederci, e quando provai a prenderla in braccio cominciò a ringhiare come se non mi riconoscesse.

Rimasi impressionata, Milly non aveva mai mostrato aggressività nella sua breve vita.

Era stata sempre docile, affettuosa, legatissima a noi, mai una manifestazione di minaccia.

Accompagnai Natalia a scuola promettendole che dopo avrei immediatamente portato Milly dal veterinario.

Mentre ero in sala d’attesa cominciò ad avere convulsioni, io con gli occhi lucidi la accarezzavo e la stringevo a me nella speranza di fare cessare quei movimenti convulsi.

Gli altri clienti, impietositi, mi fecero entrare subito ed il veterinario non potè fare altro che constatare la gravità irreversibile della situazione.

Milly aveva un tumore al cervello, stranamente asintomatico fino a poco prima.

Decisi di farla abbattere perché era straziante vederla soffrire così; per dieci anni avevamo goduto dell’affettuosa presenza di Milly e la sua morte ci avrebbe lasciato un vuoto difficilmente colmabile.

Questo avvenimento rese ancora più difficile il carattere di Wendy, aveva perso anche la sua mamma adottiva, l’unica con cui si scambiava coccole e cuscini.

Per diversi giorni la cercò miagolando, aggirandosi tra i cuscini e gli oggetti di Milly, annusandoli intensamente e guardandosi attorno forse nella speranza di vederla comparire.

Si inasprì ancora di più il suo atteggiamento nei confronti di Cora che si ritrovò a sua volta senza l’appoggio ed il conforto di Milly.

Vorrei ricordare brevemente Milly perché in questa storia lei appare come una figura marginale.

Ci venne affidata da un ragazzino che aveva a casa una coppia di siamesi, quando nacque la cucciolata, dietro nostra richiesta, ci affidò uno dei gattini, Milly appunto.

Lei si dimostrò subito buona, affettuosa, amante della compagnia e dei bambini, si affezionò soprattutto a me, ma era teneramente legata anche a Natalia.

La sua preferita però ero io; era me che cercava sempre, appena io ero seduta saltava sul mio grembo facendo delle fusa rumorosissime e forse mi identificava per la sua mamma perché cominciava a succhiare un lembo del mio maglioncino e affondava le zampette contro.

La sera era un rito per noi, io stavo seduta sul divano a guardare la TV e lei si sistemava in braccio a me, sonnecchiando e facendo le fusa alle mie carezze.

Ricorderò sempre un pomeriggio che stavo malissimo, mi era scoppiata una tremenda emicrania, Natalia era uscita con il suo papà, il mio ex marito, ed io ne approfittai per abbandonarmi distrutta a letto, al buio.

Avevo lasciato la porta del terrazzino socchiusa e dopo qualche minuto avvertii qualcosa saltare sul mio letto, era Milly.

Non avevo neanche le energie per alzarmi e chiuderla fuori, lasciai che lei si sedesse sul letto, e Milly fece di più, si acciambellò appoggiandosi a me, quasi a volermi trasmettere calore ed affetto, e stette lì, ferma, con gli occhi chiusi, tutto il tempo che rimasi a letto.

Non mi lasciò sola neppure per un attimo ed io assaporai quella discreta, preziosa vicinanza addormentandomi profondamente.

Quando mi svegliai lei mi fissava con i suoi occhioni blu, annusandomi il viso con il nasino umido, ed io constatando che stavo meglio glielo dimostrai riempiendola di coccole e alzandomi con lei in braccio e la sua testolina appoggiata al mio viso.

Fu un momento molto intenso tra noi due e non lo dimenticherò mai.

 

giovedì 31 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Sesta puntata










Quando gli ospiti andarono via mia figlia cominciò a chiamarla rassicurandola ormai dello “scampato pericolo”, ma Wendy non dava alcun segno.

La cercammo nei nascondigli a noi conosciuti, ma di lei non c’era traccia.

Natalia cominciava a preoccuparsi, temeva che potesse essere fuggita via saltando dal terrazzino(eravamo al primo piano) guardava sotto ma l’oscurità non le consentiva una grande visuale.

Io ero in cucina che rassettavo non senza apprensione, mi chinai per raccogliere un oggetto da terra e mentre abbassavo il viso vidi due piccoli fari che mi fissavano dalla fessura posteriore del cassetto del tavolo.

Ebbi un sobbalzo prima di realizzare che l’indomita panterina, terrorizzata dai visitatori, si era introdotta, non si sa come, nel cassetto e stava acquattata lì da ore!

Tanto paurosa era con gli umani, tanto prepotente ed audace era con i suoi simili.

Ribadisco che non accettò mai la compagnia di Cora, se ne stava sempre a debita distanza, interveniva solo per ristabilire la sua supremazia quando la vedeva minacciata.

Concedeva qualche attenzione e premura soltanto a Milly perché l’aveva considerata subito la sua vice-mamma, ma Cora non ebbe da lei che zampate, ringhi e soffiate.

Diventò più fredda anche nei confronti di Natalia, le permetteva appena di accarezzarla ma solo per qualche secondo, poi si allontanava quasi infastidita.

Stava ore appollaiata sopra la caldaia così dall’alto teneva tutti sotto controllo e ponendosi su un livello superiore confermava la sua supremazia.

Tempo dopo la nostra famiglia si allargò ulteriormente, vi entrò a far parte una cagnetta meticcia anch’essa raccolta dalla strada, era nera con il petto bianco ed un bel pelo lungo e mosso, era di media razza, avrà avuto circa sei mesi, dato il suo aspetto decidemmo di chiamarla Bruna.

Il suo arrivo, com’era prevedibile, sconvolse tutte e tre le gatte, che accolsero malissimo la nuova arrivata, soffiando, facendo la gobba e rizzando il pelo, ringhiando, inoltre si mostrarono offesissime con noi e, cosa buffa, sembravano non riconoscersi più nemmeno tra loro, perché per qualche giorno si soffiarono ed evitarono l’una con l’altra.

Ma la capacità di adattamento e di accettazione non appartiene solo al mondo degli umani, ma anche a quello degli animali e pian piano provarono a convivere tutti insieme.

Devo dire che quella svantaggiata fu Bruna perché era lei a subentrare in una convivenza già consolidata, quindi si ritrovò sola contro tre alleate.

Le facevano continuamente dispetti e lei, che avrebbe potuto ucciderle semplicemente con un morso, si limitava ad agitarsi ed abbaiare furiosamente.

Wendy si sdraiava su di un tavolo che avevo sistemato nel terrazzino come piano d’appoggio, e lasciava pendere pigramente la zampa, appena passava sotto Bruna, la zampetta scattava in un rapido graffio.

Una volta un unghia si impigliò nel pelo crespo di Bruna e questa si divincolava abbaiando fino a quando Wendy non ritirò la zampa con un ciuffetto nero attaccato nell’unghia.

lunedì 28 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Quinta puntata

 
 
 
 
 
Wendy si ammalò ed anche gravemente; cominciò col non voler più mangiare, nè giocare con Natalia, se ne stava sempre più spesso sul cuscino a sonnecchiare.

In un primo tempo pensammo che fossero ancora segni di gelosia e di risentimento nei nostri confronti.

Ma quando cominciò a vomitare quel poco che mangiava e a mostrare evidenti segni di debolezza e malessere ci preoccupammo.

La portammo dal veterinario, furono eseguiti degli esami del sangue che rivelarono valori completamente alterati.

Sembrava che avesse una sorta di leucemia felina, forse causata da un virus o forse era una forma tumorale.

Non ci diede molte speranze sul futuro di Wendy e iniziò a praticarle una terapia a base di flebo ed altre medicine, la portavamo ogni giorno in ambulatorio e stavamo accanto a lei facendole sentire il nostro affetto.

Pian piano sembrò riprendersi, riprese a mangiare, gli esami migliorarono ed il veterinario ridusse la frequenza delle flebo fino a quando i valori non si normalizzarono e sembrò ormai sulla via della guarigione.

Se Wendy ebbe davvero la leucemia non l’ho mai saputo, anche perché in casi del genere raramente sopravvivono per più di qualche mese.

Documentandomi ho appreso che la causa della leucemia felina è un virus della famiglia dei retrovirus, la trasmissione avviene da un gatto all’altro, i veicoli di contagio sono le ciotole, le cucce o altro materiale infetto.

Alcuni gatti possono essere portatori della malattia senza ammalarsi, perché sviluppano una immunità protettiva che li protegge dalla viremia e quindi dalla forma letale della malattia.

Non ho mai saputo come abbia potuto ammalarsi Wendy stando sempre in appartamento con noi, forse era stata proprio Cora a portare il virus, forse Wendy in quel momento aveva il sistema immunitario indebolito e ha contratto la malattia.

Per la verità non indagammo più di tanto, eravamo troppo felici per la miracolosa guarigione di Wendy, e questo ci bastò.

La nostra panterina ci dimostrò più di una volta di avere attitudini da cacciatrice, una volta tornando a casa la trovammo con un uccellino ancora vivo tra le zampe, Natalia inorridita dal gesto crudele la rimproverò aspramente togliendole dalle grinfie il povero uccellino che sopravvisse solo qualche ora.

Un’altra volta la trovammo che giocava con una lucertolina ormai stordita e senza coda, se la passava velocemente da una zampa all’altra, la faceva saltare in aria, lasciava che quella provasse a fuggire per bloccarla con la zampa.
 
Altre volte la vedevamo saltare per afferrare falene attratte dalla luce del terrazzino e dopo averle catturate se le mangiava con gusto.

Eppure aveva paura e diffidenza degli umani, tanto prepotente e dominatrice era con i suoi simili, tanto impaurita e timida si mostrava con gli umani che non conosceva.

Quando venivano a trovarci parenti o amici, Milly e Cora accorrevano subito lasciandosi accarezzare e addirittura prendere in braccio, Wendy no.

Lei spariva all’istante, trovava nascondigli impensati dai quali non vista osservava silenziosa.

Una sera che avevamo ospiti a cena lei come al solito scomparve, con disappunto di Natalia che amava mostrare “i suoi gioielli” agli amici; se Milly e Cora si lasciavano ammirare, Wendy era sempre la “gatta-ombra”.

Dovevano accontentarsi di vederla nelle foto che mostrava loro Natalia e sentirne narrare le avventure…domestiche. 
 

sabato 26 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Quarta puntata












A volte i nostri ospiti restavano leggermente perplessi per il colore del manto della nostra gattina, un gatto nero…ma non porta male?

Per tutta risposta decidemmo di stabilire che un gatto nero "in casa"  portava fortuna.

Divenne un vero e proprio assioma subito assimilato dagli amici che venivano a casa nostra.

A volte mi veniva da sorridere ascoltando una amica, ormai edotta, che spiegava ad un’altra, profana, “che i gatti neri portano sfortuna se ti attraversano la strada, ma in casa portano fortuna”!

E’incredibile come antiche superstizioni inerenti fatti, persone o animali abbiano ripercussioni sulle opinioni delle persone anche a distanza di migliaia di anni.

La leggenda del gatto nero affonda le radici in un tempo lontanissimo, l’epoca dell’antico Egitto.

Per gli egizi il gatto aveva valenze religiose ed era associato al culto di Iside, la “signora dai mille nomi”.

ll gatto, meglio se nero (come l’oscurità della notte) era adatto ad affiancare la dea Iside.

Per gli egizi il gatto divenne sacro, una vera e propria divinità.

Fu in seguito, con l’avvento del cristianesimo, che la figura del gatto, soprattutto quello nero, venne associato al diavolo, e tanti poveri gatti finirono sul rogo insieme a tante donne innocenti definite streghe.

La nostra Wendina era solo una bellissima micia, specialissima col suo pelo nero ed i suoi occhi di giada.

Per il suo primo compleanno le regalammo un collarino nuovo da vera principessina, e lei lo accettò portandolo con la classe che la contraddistingueva.

Quando ebbe il suo primo calore fu anche in quell’occasione discreta e riservata, contrariamente a Milly che nei suoi calori miagolava come una forsennata, soprattutto durante la notte, facendo sentire i suoi richiami d’amore a tutto il vicinato..

Wendy no, era solo più irrequieta, si strofinava con la schiena per terra, ogni tanto miagolava più forte, ma tutto nei limiti della..decenza!

Anche quando saltava agilmente sui mobili o si aggirava tra i soprammobili era flessuosa, delicata, capace di passare in mezzo a delicate statuine senza neppure sfiorarle.

Non ha mai fatto cadere un oggetto, né tantomeno rotto qualcosa di fragile.

Altrettanta delicatezza e riservatezza esigeva dagli umani; non gradiva carezze e coccole non richieste, non amava saltare in braccio agli ospiti, diversamente da Milly, che appena vedeva una mia amica o una compagnetta di Natalia vi saltava in grembo facendo le fusa rumorosamente.

Se qualcuno cercava di accarezzare Wendy, lei abbassava la schiena sfuggendo le carezze e si allontanava veloce, andandosi a nascondere.

Neppure io avevo il permesso di prenderla in braccio, accarezzarla, coccolarla.

Questi privilegi li concedeva solo a Natalia, da lei si faceva prendere in braccio, si lasciava accarezzare, baciare, e se mia figlia correva esortandola a seguirla, Wendy la rincorreva prontamente.

Se Milly era la sua mamma adottiva, Natalia era la sua unica, preziosissima amica.

Questo legame innato, assoluto, profondo, con il seguire degli anni si è rafforzato.

Wendy avrebbe voluto l’affetto e le attenzioni di mia figlia in esclusiva per sé, ma Natalia non era dello stesso parere.

Lei amava Wendy come una della famiglia però, rivolgeva, a volte, la sua attenzione anche ad altre creature del genere animale…

Fu così che dopo un paio d’anni la famiglia si allargò con un altro esemplare felino, la più pasticciona ed esuberante delle gatte : Cora.

Anche lei entrò a far parte della nostra famiglia casualmente; nel giardino sottostante l’appartamento di mia madre una gatta fece una cucciolata, tra questi cuccioli ce n’era uno che attirò subito l’attenzione di Natalia.

Sembrava un certosino, aveva un bellissimo pelo corto, grigio argento e un musetto buffo, una deliziosa testolina rotonda e gli occhi tondi di un bel dorato.

Quando Natalia scendeva per avvicinarsi ai cuccioli, l’unico che le saltellava incontro era proprio quello grigio.

Inutile dirvi che anche quella volta mi arresi alle preghiere di mia figlia e così Cora affrontò il breve viaggio, via trasportino, dal luogo natìo a casa nostra.

Appena la portammo a casa le due padrone del terrazzino coperto iniziarono a soffiare offese, a rifiutare cibo e coccole.

Milly però dopo due, tre giorni già aveva stretto amicizia con la nuova arrivata, Wendy no.

Ci vollero parecchi giorni prima che consentisse all’intrusa di avvicinarla ma nel profondo del suo cuore non l’accettò mai veramente.

Cora era anche lei femmina, crescendo si faceva sempre più bella, il manto grigio-argento era diventato foltissimo, dotato di un sofficissimo sottopelo.

Il corpo stava diventando quasi massiccio, con spalle, petto e collo larghi, quando la accarezzavo sentivo sotto il pelo uno strato di grasso.

Era vivace, giocherellona, esuberante, molto comunicativa, rumorosa e pasticciona.

Tutto ciò ovviamente dava tremendamente fastidio alla scontrosa e riservata Wendy, che non perdeva mai occasione per ringhiarle, darle zampate e inseguirla con intenti punitivi.

Milly invece aveva adottato anche lei e spesso la faceva sdraiare vicino a sé leccandola amorevolmente.

Delle tre, Wendy aveva il ruolo indiscusso di leader e le altre due erano sue gregarie.

Se Milly aveva accettato di buon grado la supremazia di Wendy, l’ultima arrivata sembrava non voler capire.

Pur avendo ciascuno la sua ciotola, Wendy si fiondava sempre su quella che veniva riempita per prima, come se fosse un suo diritto acquisito.

Se Natalia provava a rimproverarla per lasciar mangiare prima la più piccola, ovvero Cora, lei ignorava i rimproveri e appena l’ultima arrivata provava ad avvicinarsi alla ciotola le sferrava zampate con rabbiosi ringhi.

Si rifiutava di giocare con la piccola Cora, se quella le saltellava davanti spronandola a giocare lei miagolava rabbiosamente mostrando i denti.

Era fuori di sé dalla gelosia, sapeva di non avere più l’esclusiva dell’affetto e delle attenzioni di Natalia.

Quello che le accadde dopo sembrò un involontario modo per attirare nuovamente la nostra attenzione esclusivamente su di lei.

venerdì 25 ottobre 2013

Auguri Marzia

Dedico questo post alla mia amica Marzia, non voglio descriverla perchè sarebbe riduttivo..Marzia bisogna conoscerla, non si può presentare con le parole!
 Io e lei siamo amiche ormai da alcuni anni, tra alti e bassi, piccole baruffe, grandi slanci d'affetto, punti di vista discordanti, momenti di incredibili telepatie, la nostra amicizia ha resistito ed il motivo essenzialmente è uno: perchè ci vogliamo bene.
La descrivo attraverso le immagini, scelte da me accuratamente.


 

Anche Kitty, solitamente diffidente, è rimasta affascinata..notate la coda che cinge il braccio di Marzia!



Qui addirittura stanno avendo un sereno scambio di opinioni!




Marzia ed io..





Io, Marzia e la Diva!


Marzia hollywoodiana


  Marzia regina del gustaviano





Marzia ed il suo bambino






Marzia ed il suo soppalco-atelier





Noi due in atelier


Marzia, io solitamente non credo all'espressione, abusata, "per sempre" ma spero con tutto il cuore che la nostra amicizia lo sia, per sempre!
Auguri Marzia!

Wendina - L'indomita panterina - Terza puntata




Wendy cresceva in bellezza ed era davvero un bell’esemplare di felino.
Dalla madre siamese aveva ereditato la testa triangolare ed il corpo allungato ed affusolato, il manto invece era di un bellissimo nero lucido, con il pelo corto e fine simile al raso, e sul visetto brillavano, come due stelle in una notte buia, due magnifici occhi color giada.
Era una vera piccola pantera domestica.
Da subito mostrò una personalità forte e misteriosa, era giocherellona quando lo decideva lei, perché non si abbandonava ai giochi “con chiunque”, ma solo con chi preferiva lei.
Ovviamente le sue predilette erano Milly, sua mamma adottiva, e Natalia, che l’aveva prescelta.
Con me aveva un atteggiamento di condiscendenza, ero quella che le riempiva le ciotole di cibo ed acqua, che le puliva subito la lettiera, e per questo mi ero meritata il suo rispetto, ma con me non si abbandonava alle coccole.
Se poi c’erano visite lei si appartava o addirittura si nascondeva e, non vista, fissava gli intrusi con i suoi magnetici occhi.
Natalia avrebbe voluto mostrarla ai compagnetti che a volte venivano a trovarla ma Wendy si rifiutava categoricamente, e mia figlia, rispettosa della sua personalità, a malincuore si rassegnava, limitandosi a descriverne la bellezza e le imprese recenti.
Quando raccontavamo ad amici e parenti la storia di Sheila e la successiva adozione di Wendy, alla richiesta del perché avessimo scelto di tenere proprio lei, era Natalia a rispondere –“Perché quando li prendevo in mano Wendy era l’unica a non miagolare, è stata lei a scegliermi.”- Era proprio vero, in considerazione del fatto che Wendy aveva una personalità sfuggente e non facilmente comunicativa,era significativo il fatto che “da subito” lei avesse concesso a Natalia un contatto privilegiato. Da subito si era fatta prendere in mano da Natalia senza lamentarsi e abbandonandosi alle sue carezze.Si era instaurato tra loro un legame fortissimo che dopo tanti anni persiste ancora.
A volte i nostri ospiti restavano leggermente perplessi per il colore del manto della nostra gattina, un gatto nero…ma non porta male?Per tutta risposta decidemmo di stabilire che un gatto nero in casa non solo non portava male, ma anzi portava fortuna.Divenne un vero e proprio assioma subito assimilato dagli amici che venivano a casa nostra.

domenica 20 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Seconda Puntata






Milly era la nostra seconda gatta in ordine di tempo; prima avevamo avuto un gatto, Bianchino, un magnifico esemplare tutto bianco con la coda striata color crema.

Mi ero convinta a prendere un gatto per dare una compagnia alla mia bambina, in mancanza di una sorellina avrebbe avuto un gattino come compagno di giochi e qualcuno su cui riversare affetto ed attenzioni.



Diventato adulto Bianchino cominciò ad essere irrequieto e ci faceva capire, miagolando dietro la porta di casa, che sentiva la necessità di andare in giro in libertà.

Noi rispettavamo la sua esigenza e lo lasciavamo vagare in giro, infatti la mattina presto, quando noi uscivamo, io per andare al lavoro e Natalia alla scuola materna, Bianchino usciva e stava per ore libero e felice.

Poi per l’ora di pranzo noi tornavamo e Natalia, prima di entrare dentro casa, si fermava davanti al portone e con la vocina squillante chiamava “Bianchinoooo”; dopo qualche minuto lui arrivava correndo, da lontano, e saliva in casa con noi.

Io lo spazzolavo ben bene, lo pulivo con una schiuma adatta, lo facevo mangiare e lasciavo che trascorresse parte del pomeriggio a giocare con mia figlia.

Una mattina Bianchino uscì e non tornò più; lo cercammo nei dintorni, ci spingemmo anche oltre con l’automobile, ma sembrò essersi volatilizzato.

Dopo un po’di tempo un nostro amico ci portò Milly, veniva da una cucciolata di siamesi.

Milly era una Seal-point, aveva il corpo color crema e le caratteristiche macchie (points) color marrone scuro.

Aveva la tipica testa triangolare, le orecchie grandi ed appuntite, occhi a mandorla color zaffiro, il corpo sottile ed affusolato.

Docile, ubbidiente, affettuosa, mai aggressiva, era la compagnia ideale per una bambina.

Tornando a Sheila, lei partorì una mattina di marzo, fece tutto da sola perché io ero al lavoro e Natalia a scuola.

Quando aprimmo la porta di casa avevamo come un presentimento ed enorme fu la gioia nel trovare Sheila, mollemente adagiata sulle “pezze”lasciatele lì da giorni per l’uso, che leccava quattro minuscoli esserini tremanti.

I piccoli si stringevano fra loro e cercavano di introdursi sotto la pancia della madre.

Sheila ci guardò con occhi languidi e miagolò come se volesse renderci partecipi del lieto evento.

Il visetto di Natalia era trasfigurato dalla gioia, si inginocchiò vicino a Sheila, osservò i gattini, li lisciò piano con la manina; io mi gustavo il quadretto con gli occhi lucidi.

Poi mi guardai attorno alla ricerca di residui di placenta o cordoni ombelicali; niente di niente, tutto scomparso, tutto pulito e tranquillo.

Le gatte sono le migliori delle madri, autonome, premurose, attente, protettive fino all’estremo con la prole.

Natalia ed io avevamo il permesso di avvicinarci perché ci eravamo guadagnate da subito la sua fiducia.

In quanto a Milly ci sorprese piacevolmente perché rivelò sorprendenti attitudini da “cat-sitter.”

Quando la mamma-gatta si allontanava per mangiare o fare i bisogni, lei si sdraiava accanto ai gattini e li leccava, se loro poi cercavano di attaccarsi, invano, per succhiare, lei li lasciava fare.

Spesso le due siamesi si leccavano a vicenda dimostrandosi un grande affetto reciproco.

I cuccioli succhiavano il latte di giorno in giorno sempre più vigorosamente, solo uno destava un po’ la nostra preoccupazione.

Era l’unico gattino tutto nero, il più piccolo ed il meno vitale, spesso si faceva calpestare dai fratellini ed estromettere dalla suzione.

Natalia allora lo sollevava e gli poggiava il musetto su un capezzolo libero e lui finalmente si attaccava, spingendo con le zampette contro la mammella.

Quando sono così piccoli non si riesce a definire il sesso dei gattini, noi andavamo per supposizioni.

Dopo circa due settimane dal parto, tornando a casa, vedemmo Sheila che miagolava perché aveva la ciotola vuota e reclamava il cibo, però dei gattini non c’era più traccia.

Guardammo Milly ma lei se ne stava acciambellata sul suo cuscino come se la cosa non la riguardasse.

Preoccupate cominciammo a cercarli ed io vedendo mia figlia sempre più agitata la tranquillizzai, spiegandole che, normalmente, le gatte dopo un po’spostano i cuccioli da un’altra parte.

Lo fanno sempre per un senso di protezione e sicurezza, pensano che il nido sia diventato meno sicuro e li portano in un luogo segreto, sconosciuto a tutti.

Trovai subito il nuovo rifugio, dietro un cesto di vimini in un angolo della lavanderia, Sheila aveva portato lì le pezze e poi, uno ad uno, vi aveva adagiato sopra i gattini.

“-Come ha fatto a portarli fino lì, mamma? Lei è una gatta, non può prenderli in braccio!”-

Segretamente deliziata dall’innocenza della mia bambina, feci in modo di mostrarle come avesse fatto Sheila a spostare i cuccioli, prendendone dolcemente uno e adagiandolo nel vecchio nido.

Subito Sheila corse, lo prese delicatamente, con i denti, per la nuca e lo riportò nel nuovo nido.

Più volte al giorno allattava amorevolmente i suoi cuccioli, li puliva con la lingua, succhiava le loro pipì e pupù, non c’era mai sporcizia attorno a loro.

L’ultimo a cui cadde il moncone ombelicale fu quello nero, ovviamente.

Crescevano giorno dopo giorno ed anche il gattino nero diventava più forte e vitale.

Quando Natalia li prendeva in mano loro protestavano miagolando, tutti, tranne uno : quello nero.

Cominciammo ad osservarli attentamente dietro : erano tre maschietti ed una femminuccia.

La femminuccia era proprio quella nera, quella più piccola e più delicata, ma l’unica che si lasciava prendere senza lamentarsi da Natalia.

Quando i gattini ebbero compiuto due mesi cominciammo a valutare la loro possibile collocazione presso famiglie affidabili.

Sistemammo subito i due maschietti tigrati presso dei nostri parenti che avevano già altri gatti e se ne sarebbero

presi cura amorevolmente.

Sheila miagolò tristemente tutta la sera girandosi intorno alla ricerca dei due cuccioli, poi veniva da noi e ci fissava miagolando, quasi sapesse che eravamo noi le responsabili dell’allontanamento.

Milly si dimostrò davvero comprensiva ed affettuosa con lei, appena la sentiva miagolare alla ricerca dei cuccioli, le si strofinava contro e le leccava la testolina.

Io cercavo di confortare Natalia spiegandole che presto sarebbe stata Sheila stessa ad allontanarli da sé e a dimenticarsi del legame madre-figli.

E’ la legge della natura, solo noi umani manteniamo il legame filiale fino alla morte, gli animali presto affidano la loro prole al mondo.

Poi riuscimmo a sistemare Sheila da una coppia di amici che desiderava proprio una gatta siamese; dopo fu la volta del gattino bianco.

Natalia stentava a proporre l’adozione per quella nera.

La casa sembrò svuotarsi, la gattina nera rimasta sola con Milly si legò teneramente alla vice-mamma, che la adottò senza riserve.

La faceva dormire nella sua cuccia e lasciava che la piccola si infilasse quasi sotto di lei in cerca di calore, sembrava abbracciarla cingendole il corpicino con le sue zampe.

La teneva sempre accanto a sé, la seguiva quando zampettava o saltellava per la casa alla scoperta di nuovi posti, lasciava che lei mangiasse per prima aspettando pazientemente che fosse sazia e dopo averla leccata, si avvicinava alla ciotola.

Quando la piccola si allontanava troppo e non era più alla portata del suo sguardo la richiamava a sé miagolando, ed era buffo vedere come il batuffolino nero accorresse immediatamente.

Il tempo trascorreva e né io né Natalia affrontavamo il discorso “adozione”per l’ultimo cucciolo rimasto.

La mia bambina, tornata dalla scuola, mangiava in fretta ed altrettanto velocemente faceva i compiti per potersi dedicare alla gattina.

Ormai giocavano insieme, oppure guardavano insieme i cartoni alla TV, Natalia seduta sul divano e la gattina in grembo che le mordicchiava il dito quando lei la accarezzava.

Un giorno mia figlia mi chiese che nome dare alla gattina; tale richiesta presupponeva che ormai restasse con noi.

Affrontai l’argomento : -Vuoi che la teniamo con noi?-

Natalia con gli occhi che brillavano per la gioia rispose –Allora anche tu lo vuoi? Si, mammina, che bello, teniamola con noi.-

Pensammo al nome da darle e fu mia figlia a trovarlo, attingendo al suo mondo, quello incantato e meraviglioso dell’infanzia e delle favole.–Wendy, la chiamiamo Wendy, come l’amica speciale di Peter Pan!-

Riflettei un attimo, e decisi che quel nome le si addiceva proprio –Si -annuii -è proprio il nome giusto per lei.-