giovedì 31 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Sesta puntata










Quando gli ospiti andarono via mia figlia cominciò a chiamarla rassicurandola ormai dello “scampato pericolo”, ma Wendy non dava alcun segno.

La cercammo nei nascondigli a noi conosciuti, ma di lei non c’era traccia.

Natalia cominciava a preoccuparsi, temeva che potesse essere fuggita via saltando dal terrazzino(eravamo al primo piano) guardava sotto ma l’oscurità non le consentiva una grande visuale.

Io ero in cucina che rassettavo non senza apprensione, mi chinai per raccogliere un oggetto da terra e mentre abbassavo il viso vidi due piccoli fari che mi fissavano dalla fessura posteriore del cassetto del tavolo.

Ebbi un sobbalzo prima di realizzare che l’indomita panterina, terrorizzata dai visitatori, si era introdotta, non si sa come, nel cassetto e stava acquattata lì da ore!

Tanto paurosa era con gli umani, tanto prepotente ed audace era con i suoi simili.

Ribadisco che non accettò mai la compagnia di Cora, se ne stava sempre a debita distanza, interveniva solo per ristabilire la sua supremazia quando la vedeva minacciata.

Concedeva qualche attenzione e premura soltanto a Milly perché l’aveva considerata subito la sua vice-mamma, ma Cora non ebbe da lei che zampate, ringhi e soffiate.

Diventò più fredda anche nei confronti di Natalia, le permetteva appena di accarezzarla ma solo per qualche secondo, poi si allontanava quasi infastidita.

Stava ore appollaiata sopra la caldaia così dall’alto teneva tutti sotto controllo e ponendosi su un livello superiore confermava la sua supremazia.

Tempo dopo la nostra famiglia si allargò ulteriormente, vi entrò a far parte una cagnetta meticcia anch’essa raccolta dalla strada, era nera con il petto bianco ed un bel pelo lungo e mosso, era di media razza, avrà avuto circa sei mesi, dato il suo aspetto decidemmo di chiamarla Bruna.

Il suo arrivo, com’era prevedibile, sconvolse tutte e tre le gatte, che accolsero malissimo la nuova arrivata, soffiando, facendo la gobba e rizzando il pelo, ringhiando, inoltre si mostrarono offesissime con noi e, cosa buffa, sembravano non riconoscersi più nemmeno tra loro, perché per qualche giorno si soffiarono ed evitarono l’una con l’altra.

Ma la capacità di adattamento e di accettazione non appartiene solo al mondo degli umani, ma anche a quello degli animali e pian piano provarono a convivere tutti insieme.

Devo dire che quella svantaggiata fu Bruna perché era lei a subentrare in una convivenza già consolidata, quindi si ritrovò sola contro tre alleate.

Le facevano continuamente dispetti e lei, che avrebbe potuto ucciderle semplicemente con un morso, si limitava ad agitarsi ed abbaiare furiosamente.

Wendy si sdraiava su di un tavolo che avevo sistemato nel terrazzino come piano d’appoggio, e lasciava pendere pigramente la zampa, appena passava sotto Bruna, la zampetta scattava in un rapido graffio.

Una volta un unghia si impigliò nel pelo crespo di Bruna e questa si divincolava abbaiando fino a quando Wendy non ritirò la zampa con un ciuffetto nero attaccato nell’unghia.

lunedì 28 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Quinta puntata

 
 
 
 
 
Wendy si ammalò ed anche gravemente; cominciò col non voler più mangiare, nè giocare con Natalia, se ne stava sempre più spesso sul cuscino a sonnecchiare.

In un primo tempo pensammo che fossero ancora segni di gelosia e di risentimento nei nostri confronti.

Ma quando cominciò a vomitare quel poco che mangiava e a mostrare evidenti segni di debolezza e malessere ci preoccupammo.

La portammo dal veterinario, furono eseguiti degli esami del sangue che rivelarono valori completamente alterati.

Sembrava che avesse una sorta di leucemia felina, forse causata da un virus o forse era una forma tumorale.

Non ci diede molte speranze sul futuro di Wendy e iniziò a praticarle una terapia a base di flebo ed altre medicine, la portavamo ogni giorno in ambulatorio e stavamo accanto a lei facendole sentire il nostro affetto.

Pian piano sembrò riprendersi, riprese a mangiare, gli esami migliorarono ed il veterinario ridusse la frequenza delle flebo fino a quando i valori non si normalizzarono e sembrò ormai sulla via della guarigione.

Se Wendy ebbe davvero la leucemia non l’ho mai saputo, anche perché in casi del genere raramente sopravvivono per più di qualche mese.

Documentandomi ho appreso che la causa della leucemia felina è un virus della famiglia dei retrovirus, la trasmissione avviene da un gatto all’altro, i veicoli di contagio sono le ciotole, le cucce o altro materiale infetto.

Alcuni gatti possono essere portatori della malattia senza ammalarsi, perché sviluppano una immunità protettiva che li protegge dalla viremia e quindi dalla forma letale della malattia.

Non ho mai saputo come abbia potuto ammalarsi Wendy stando sempre in appartamento con noi, forse era stata proprio Cora a portare il virus, forse Wendy in quel momento aveva il sistema immunitario indebolito e ha contratto la malattia.

Per la verità non indagammo più di tanto, eravamo troppo felici per la miracolosa guarigione di Wendy, e questo ci bastò.

La nostra panterina ci dimostrò più di una volta di avere attitudini da cacciatrice, una volta tornando a casa la trovammo con un uccellino ancora vivo tra le zampe, Natalia inorridita dal gesto crudele la rimproverò aspramente togliendole dalle grinfie il povero uccellino che sopravvisse solo qualche ora.

Un’altra volta la trovammo che giocava con una lucertolina ormai stordita e senza coda, se la passava velocemente da una zampa all’altra, la faceva saltare in aria, lasciava che quella provasse a fuggire per bloccarla con la zampa.
 
Altre volte la vedevamo saltare per afferrare falene attratte dalla luce del terrazzino e dopo averle catturate se le mangiava con gusto.

Eppure aveva paura e diffidenza degli umani, tanto prepotente e dominatrice era con i suoi simili, tanto impaurita e timida si mostrava con gli umani che non conosceva.

Quando venivano a trovarci parenti o amici, Milly e Cora accorrevano subito lasciandosi accarezzare e addirittura prendere in braccio, Wendy no.

Lei spariva all’istante, trovava nascondigli impensati dai quali non vista osservava silenziosa.

Una sera che avevamo ospiti a cena lei come al solito scomparve, con disappunto di Natalia che amava mostrare “i suoi gioielli” agli amici; se Milly e Cora si lasciavano ammirare, Wendy era sempre la “gatta-ombra”.

Dovevano accontentarsi di vederla nelle foto che mostrava loro Natalia e sentirne narrare le avventure…domestiche. 
 

sabato 26 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Quarta puntata












A volte i nostri ospiti restavano leggermente perplessi per il colore del manto della nostra gattina, un gatto nero…ma non porta male?

Per tutta risposta decidemmo di stabilire che un gatto nero "in casa"  portava fortuna.

Divenne un vero e proprio assioma subito assimilato dagli amici che venivano a casa nostra.

A volte mi veniva da sorridere ascoltando una amica, ormai edotta, che spiegava ad un’altra, profana, “che i gatti neri portano sfortuna se ti attraversano la strada, ma in casa portano fortuna”!

E’incredibile come antiche superstizioni inerenti fatti, persone o animali abbiano ripercussioni sulle opinioni delle persone anche a distanza di migliaia di anni.

La leggenda del gatto nero affonda le radici in un tempo lontanissimo, l’epoca dell’antico Egitto.

Per gli egizi il gatto aveva valenze religiose ed era associato al culto di Iside, la “signora dai mille nomi”.

ll gatto, meglio se nero (come l’oscurità della notte) era adatto ad affiancare la dea Iside.

Per gli egizi il gatto divenne sacro, una vera e propria divinità.

Fu in seguito, con l’avvento del cristianesimo, che la figura del gatto, soprattutto quello nero, venne associato al diavolo, e tanti poveri gatti finirono sul rogo insieme a tante donne innocenti definite streghe.

La nostra Wendina era solo una bellissima micia, specialissima col suo pelo nero ed i suoi occhi di giada.

Per il suo primo compleanno le regalammo un collarino nuovo da vera principessina, e lei lo accettò portandolo con la classe che la contraddistingueva.

Quando ebbe il suo primo calore fu anche in quell’occasione discreta e riservata, contrariamente a Milly che nei suoi calori miagolava come una forsennata, soprattutto durante la notte, facendo sentire i suoi richiami d’amore a tutto il vicinato..

Wendy no, era solo più irrequieta, si strofinava con la schiena per terra, ogni tanto miagolava più forte, ma tutto nei limiti della..decenza!

Anche quando saltava agilmente sui mobili o si aggirava tra i soprammobili era flessuosa, delicata, capace di passare in mezzo a delicate statuine senza neppure sfiorarle.

Non ha mai fatto cadere un oggetto, né tantomeno rotto qualcosa di fragile.

Altrettanta delicatezza e riservatezza esigeva dagli umani; non gradiva carezze e coccole non richieste, non amava saltare in braccio agli ospiti, diversamente da Milly, che appena vedeva una mia amica o una compagnetta di Natalia vi saltava in grembo facendo le fusa rumorosamente.

Se qualcuno cercava di accarezzare Wendy, lei abbassava la schiena sfuggendo le carezze e si allontanava veloce, andandosi a nascondere.

Neppure io avevo il permesso di prenderla in braccio, accarezzarla, coccolarla.

Questi privilegi li concedeva solo a Natalia, da lei si faceva prendere in braccio, si lasciava accarezzare, baciare, e se mia figlia correva esortandola a seguirla, Wendy la rincorreva prontamente.

Se Milly era la sua mamma adottiva, Natalia era la sua unica, preziosissima amica.

Questo legame innato, assoluto, profondo, con il seguire degli anni si è rafforzato.

Wendy avrebbe voluto l’affetto e le attenzioni di mia figlia in esclusiva per sé, ma Natalia non era dello stesso parere.

Lei amava Wendy come una della famiglia però, rivolgeva, a volte, la sua attenzione anche ad altre creature del genere animale…

Fu così che dopo un paio d’anni la famiglia si allargò con un altro esemplare felino, la più pasticciona ed esuberante delle gatte : Cora.

Anche lei entrò a far parte della nostra famiglia casualmente; nel giardino sottostante l’appartamento di mia madre una gatta fece una cucciolata, tra questi cuccioli ce n’era uno che attirò subito l’attenzione di Natalia.

Sembrava un certosino, aveva un bellissimo pelo corto, grigio argento e un musetto buffo, una deliziosa testolina rotonda e gli occhi tondi di un bel dorato.

Quando Natalia scendeva per avvicinarsi ai cuccioli, l’unico che le saltellava incontro era proprio quello grigio.

Inutile dirvi che anche quella volta mi arresi alle preghiere di mia figlia e così Cora affrontò il breve viaggio, via trasportino, dal luogo natìo a casa nostra.

Appena la portammo a casa le due padrone del terrazzino coperto iniziarono a soffiare offese, a rifiutare cibo e coccole.

Milly però dopo due, tre giorni già aveva stretto amicizia con la nuova arrivata, Wendy no.

Ci vollero parecchi giorni prima che consentisse all’intrusa di avvicinarla ma nel profondo del suo cuore non l’accettò mai veramente.

Cora era anche lei femmina, crescendo si faceva sempre più bella, il manto grigio-argento era diventato foltissimo, dotato di un sofficissimo sottopelo.

Il corpo stava diventando quasi massiccio, con spalle, petto e collo larghi, quando la accarezzavo sentivo sotto il pelo uno strato di grasso.

Era vivace, giocherellona, esuberante, molto comunicativa, rumorosa e pasticciona.

Tutto ciò ovviamente dava tremendamente fastidio alla scontrosa e riservata Wendy, che non perdeva mai occasione per ringhiarle, darle zampate e inseguirla con intenti punitivi.

Milly invece aveva adottato anche lei e spesso la faceva sdraiare vicino a sé leccandola amorevolmente.

Delle tre, Wendy aveva il ruolo indiscusso di leader e le altre due erano sue gregarie.

Se Milly aveva accettato di buon grado la supremazia di Wendy, l’ultima arrivata sembrava non voler capire.

Pur avendo ciascuno la sua ciotola, Wendy si fiondava sempre su quella che veniva riempita per prima, come se fosse un suo diritto acquisito.

Se Natalia provava a rimproverarla per lasciar mangiare prima la più piccola, ovvero Cora, lei ignorava i rimproveri e appena l’ultima arrivata provava ad avvicinarsi alla ciotola le sferrava zampate con rabbiosi ringhi.

Si rifiutava di giocare con la piccola Cora, se quella le saltellava davanti spronandola a giocare lei miagolava rabbiosamente mostrando i denti.

Era fuori di sé dalla gelosia, sapeva di non avere più l’esclusiva dell’affetto e delle attenzioni di Natalia.

Quello che le accadde dopo sembrò un involontario modo per attirare nuovamente la nostra attenzione esclusivamente su di lei.

venerdì 25 ottobre 2013

Auguri Marzia

Dedico questo post alla mia amica Marzia, non voglio descriverla perchè sarebbe riduttivo..Marzia bisogna conoscerla, non si può presentare con le parole!
 Io e lei siamo amiche ormai da alcuni anni, tra alti e bassi, piccole baruffe, grandi slanci d'affetto, punti di vista discordanti, momenti di incredibili telepatie, la nostra amicizia ha resistito ed il motivo essenzialmente è uno: perchè ci vogliamo bene.
La descrivo attraverso le immagini, scelte da me accuratamente.


 

Anche Kitty, solitamente diffidente, è rimasta affascinata..notate la coda che cinge il braccio di Marzia!



Qui addirittura stanno avendo un sereno scambio di opinioni!




Marzia ed io..





Io, Marzia e la Diva!


Marzia hollywoodiana


  Marzia regina del gustaviano





Marzia ed il suo bambino






Marzia ed il suo soppalco-atelier





Noi due in atelier


Marzia, io solitamente non credo all'espressione, abusata, "per sempre" ma spero con tutto il cuore che la nostra amicizia lo sia, per sempre!
Auguri Marzia!

Wendina - L'indomita panterina - Terza puntata




Wendy cresceva in bellezza ed era davvero un bell’esemplare di felino.
Dalla madre siamese aveva ereditato la testa triangolare ed il corpo allungato ed affusolato, il manto invece era di un bellissimo nero lucido, con il pelo corto e fine simile al raso, e sul visetto brillavano, come due stelle in una notte buia, due magnifici occhi color giada.
Era una vera piccola pantera domestica.
Da subito mostrò una personalità forte e misteriosa, era giocherellona quando lo decideva lei, perché non si abbandonava ai giochi “con chiunque”, ma solo con chi preferiva lei.
Ovviamente le sue predilette erano Milly, sua mamma adottiva, e Natalia, che l’aveva prescelta.
Con me aveva un atteggiamento di condiscendenza, ero quella che le riempiva le ciotole di cibo ed acqua, che le puliva subito la lettiera, e per questo mi ero meritata il suo rispetto, ma con me non si abbandonava alle coccole.
Se poi c’erano visite lei si appartava o addirittura si nascondeva e, non vista, fissava gli intrusi con i suoi magnetici occhi.
Natalia avrebbe voluto mostrarla ai compagnetti che a volte venivano a trovarla ma Wendy si rifiutava categoricamente, e mia figlia, rispettosa della sua personalità, a malincuore si rassegnava, limitandosi a descriverne la bellezza e le imprese recenti.
Quando raccontavamo ad amici e parenti la storia di Sheila e la successiva adozione di Wendy, alla richiesta del perché avessimo scelto di tenere proprio lei, era Natalia a rispondere –“Perché quando li prendevo in mano Wendy era l’unica a non miagolare, è stata lei a scegliermi.”- Era proprio vero, in considerazione del fatto che Wendy aveva una personalità sfuggente e non facilmente comunicativa,era significativo il fatto che “da subito” lei avesse concesso a Natalia un contatto privilegiato. Da subito si era fatta prendere in mano da Natalia senza lamentarsi e abbandonandosi alle sue carezze.Si era instaurato tra loro un legame fortissimo che dopo tanti anni persiste ancora.
A volte i nostri ospiti restavano leggermente perplessi per il colore del manto della nostra gattina, un gatto nero…ma non porta male?Per tutta risposta decidemmo di stabilire che un gatto nero in casa non solo non portava male, ma anzi portava fortuna.Divenne un vero e proprio assioma subito assimilato dagli amici che venivano a casa nostra.

domenica 20 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Seconda Puntata






Milly era la nostra seconda gatta in ordine di tempo; prima avevamo avuto un gatto, Bianchino, un magnifico esemplare tutto bianco con la coda striata color crema.

Mi ero convinta a prendere un gatto per dare una compagnia alla mia bambina, in mancanza di una sorellina avrebbe avuto un gattino come compagno di giochi e qualcuno su cui riversare affetto ed attenzioni.



Diventato adulto Bianchino cominciò ad essere irrequieto e ci faceva capire, miagolando dietro la porta di casa, che sentiva la necessità di andare in giro in libertà.

Noi rispettavamo la sua esigenza e lo lasciavamo vagare in giro, infatti la mattina presto, quando noi uscivamo, io per andare al lavoro e Natalia alla scuola materna, Bianchino usciva e stava per ore libero e felice.

Poi per l’ora di pranzo noi tornavamo e Natalia, prima di entrare dentro casa, si fermava davanti al portone e con la vocina squillante chiamava “Bianchinoooo”; dopo qualche minuto lui arrivava correndo, da lontano, e saliva in casa con noi.

Io lo spazzolavo ben bene, lo pulivo con una schiuma adatta, lo facevo mangiare e lasciavo che trascorresse parte del pomeriggio a giocare con mia figlia.

Una mattina Bianchino uscì e non tornò più; lo cercammo nei dintorni, ci spingemmo anche oltre con l’automobile, ma sembrò essersi volatilizzato.

Dopo un po’di tempo un nostro amico ci portò Milly, veniva da una cucciolata di siamesi.

Milly era una Seal-point, aveva il corpo color crema e le caratteristiche macchie (points) color marrone scuro.

Aveva la tipica testa triangolare, le orecchie grandi ed appuntite, occhi a mandorla color zaffiro, il corpo sottile ed affusolato.

Docile, ubbidiente, affettuosa, mai aggressiva, era la compagnia ideale per una bambina.

Tornando a Sheila, lei partorì una mattina di marzo, fece tutto da sola perché io ero al lavoro e Natalia a scuola.

Quando aprimmo la porta di casa avevamo come un presentimento ed enorme fu la gioia nel trovare Sheila, mollemente adagiata sulle “pezze”lasciatele lì da giorni per l’uso, che leccava quattro minuscoli esserini tremanti.

I piccoli si stringevano fra loro e cercavano di introdursi sotto la pancia della madre.

Sheila ci guardò con occhi languidi e miagolò come se volesse renderci partecipi del lieto evento.

Il visetto di Natalia era trasfigurato dalla gioia, si inginocchiò vicino a Sheila, osservò i gattini, li lisciò piano con la manina; io mi gustavo il quadretto con gli occhi lucidi.

Poi mi guardai attorno alla ricerca di residui di placenta o cordoni ombelicali; niente di niente, tutto scomparso, tutto pulito e tranquillo.

Le gatte sono le migliori delle madri, autonome, premurose, attente, protettive fino all’estremo con la prole.

Natalia ed io avevamo il permesso di avvicinarci perché ci eravamo guadagnate da subito la sua fiducia.

In quanto a Milly ci sorprese piacevolmente perché rivelò sorprendenti attitudini da “cat-sitter.”

Quando la mamma-gatta si allontanava per mangiare o fare i bisogni, lei si sdraiava accanto ai gattini e li leccava, se loro poi cercavano di attaccarsi, invano, per succhiare, lei li lasciava fare.

Spesso le due siamesi si leccavano a vicenda dimostrandosi un grande affetto reciproco.

I cuccioli succhiavano il latte di giorno in giorno sempre più vigorosamente, solo uno destava un po’ la nostra preoccupazione.

Era l’unico gattino tutto nero, il più piccolo ed il meno vitale, spesso si faceva calpestare dai fratellini ed estromettere dalla suzione.

Natalia allora lo sollevava e gli poggiava il musetto su un capezzolo libero e lui finalmente si attaccava, spingendo con le zampette contro la mammella.

Quando sono così piccoli non si riesce a definire il sesso dei gattini, noi andavamo per supposizioni.

Dopo circa due settimane dal parto, tornando a casa, vedemmo Sheila che miagolava perché aveva la ciotola vuota e reclamava il cibo, però dei gattini non c’era più traccia.

Guardammo Milly ma lei se ne stava acciambellata sul suo cuscino come se la cosa non la riguardasse.

Preoccupate cominciammo a cercarli ed io vedendo mia figlia sempre più agitata la tranquillizzai, spiegandole che, normalmente, le gatte dopo un po’spostano i cuccioli da un’altra parte.

Lo fanno sempre per un senso di protezione e sicurezza, pensano che il nido sia diventato meno sicuro e li portano in un luogo segreto, sconosciuto a tutti.

Trovai subito il nuovo rifugio, dietro un cesto di vimini in un angolo della lavanderia, Sheila aveva portato lì le pezze e poi, uno ad uno, vi aveva adagiato sopra i gattini.

“-Come ha fatto a portarli fino lì, mamma? Lei è una gatta, non può prenderli in braccio!”-

Segretamente deliziata dall’innocenza della mia bambina, feci in modo di mostrarle come avesse fatto Sheila a spostare i cuccioli, prendendone dolcemente uno e adagiandolo nel vecchio nido.

Subito Sheila corse, lo prese delicatamente, con i denti, per la nuca e lo riportò nel nuovo nido.

Più volte al giorno allattava amorevolmente i suoi cuccioli, li puliva con la lingua, succhiava le loro pipì e pupù, non c’era mai sporcizia attorno a loro.

L’ultimo a cui cadde il moncone ombelicale fu quello nero, ovviamente.

Crescevano giorno dopo giorno ed anche il gattino nero diventava più forte e vitale.

Quando Natalia li prendeva in mano loro protestavano miagolando, tutti, tranne uno : quello nero.

Cominciammo ad osservarli attentamente dietro : erano tre maschietti ed una femminuccia.

La femminuccia era proprio quella nera, quella più piccola e più delicata, ma l’unica che si lasciava prendere senza lamentarsi da Natalia.

Quando i gattini ebbero compiuto due mesi cominciammo a valutare la loro possibile collocazione presso famiglie affidabili.

Sistemammo subito i due maschietti tigrati presso dei nostri parenti che avevano già altri gatti e se ne sarebbero

presi cura amorevolmente.

Sheila miagolò tristemente tutta la sera girandosi intorno alla ricerca dei due cuccioli, poi veniva da noi e ci fissava miagolando, quasi sapesse che eravamo noi le responsabili dell’allontanamento.

Milly si dimostrò davvero comprensiva ed affettuosa con lei, appena la sentiva miagolare alla ricerca dei cuccioli, le si strofinava contro e le leccava la testolina.

Io cercavo di confortare Natalia spiegandole che presto sarebbe stata Sheila stessa ad allontanarli da sé e a dimenticarsi del legame madre-figli.

E’ la legge della natura, solo noi umani manteniamo il legame filiale fino alla morte, gli animali presto affidano la loro prole al mondo.

Poi riuscimmo a sistemare Sheila da una coppia di amici che desiderava proprio una gatta siamese; dopo fu la volta del gattino bianco.

Natalia stentava a proporre l’adozione per quella nera.

La casa sembrò svuotarsi, la gattina nera rimasta sola con Milly si legò teneramente alla vice-mamma, che la adottò senza riserve.

La faceva dormire nella sua cuccia e lasciava che la piccola si infilasse quasi sotto di lei in cerca di calore, sembrava abbracciarla cingendole il corpicino con le sue zampe.

La teneva sempre accanto a sé, la seguiva quando zampettava o saltellava per la casa alla scoperta di nuovi posti, lasciava che lei mangiasse per prima aspettando pazientemente che fosse sazia e dopo averla leccata, si avvicinava alla ciotola.

Quando la piccola si allontanava troppo e non era più alla portata del suo sguardo la richiamava a sé miagolando, ed era buffo vedere come il batuffolino nero accorresse immediatamente.

Il tempo trascorreva e né io né Natalia affrontavamo il discorso “adozione”per l’ultimo cucciolo rimasto.

La mia bambina, tornata dalla scuola, mangiava in fretta ed altrettanto velocemente faceva i compiti per potersi dedicare alla gattina.

Ormai giocavano insieme, oppure guardavano insieme i cartoni alla TV, Natalia seduta sul divano e la gattina in grembo che le mordicchiava il dito quando lei la accarezzava.

Un giorno mia figlia mi chiese che nome dare alla gattina; tale richiesta presupponeva che ormai restasse con noi.

Affrontai l’argomento : -Vuoi che la teniamo con noi?-

Natalia con gli occhi che brillavano per la gioia rispose –Allora anche tu lo vuoi? Si, mammina, che bello, teniamola con noi.-

Pensammo al nome da darle e fu mia figlia a trovarlo, attingendo al suo mondo, quello incantato e meraviglioso dell’infanzia e delle favole.–Wendy, la chiamiamo Wendy, come l’amica speciale di Peter Pan!-

Riflettei un attimo, e decisi che quel nome le si addiceva proprio –Si -annuii -è proprio il nome giusto per lei.-

 

giovedì 17 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Prima puntata

WENDINA







Wendy entrò a far parte della nostra vita in maniera assolutamente casuale.

Anni fa, spesso, mi recavo con mia figlia a casa di mia sorella Cati, le nostre bambine giocavano insieme, noi stavamo sedute a chiacchierare e a gustarci una tazzina di caffè.

Durante una di quelle visite, attraversando il cortile per raggiungere l’edificio dove abitava Cati con la famiglia, ci venne incontro, per la prima volta, una gatta siamese.

Era sicuramente adulta, evidentemente mansueta e quindi abbandonata da proprietari crudeli o insensibili.

I suoi fianchi mi apparvero subito arrotondati in maniera sospetta.

Natalia si soffermò per accarezzarla e la gatta miagolando le si strofinò contro le gambette : mia figlia era già impietosita.

Gli incontri si ripeterono altre volte, Natalia le scendeva qualcosa da mangiare ed io osservavo i fianchi della micia sempre più gonfi.

Non c’erano dubbi : la gatta era incinta ed era stata abbandonata dai proprietari per questa sua “colposa condizione”.

Iniziarono ben presto le richieste, prima timide, poi sempre più accorate, di mia figlia : perché non adottavamo la gatta sedotta e abbandonata?

In fondo avrebbe fatto compagnia a Milly(era la nostra gatta siamese), quest’ultima finalmente avrebbe avuto un’altra gatta con cui giocare.

Davanti ai miei dinieghi non si arrese ed optò per un compromesso.

“-Solo il tempo di farle fare i cuccioli, mammina, poi cercheremo una sistemazione per lei e i gattini. Poverina come fa a partorire con il freddo e la pioggia, all’aperto?-” argomentò con gli occhioni supplicanti che sottintendevano “La mia mamma non può essere così crudele!”

Per farla breve un pomeriggio di fine inverno Sheila( decidemmo di darle questo nome) venne a casa con noi, prima piuttosto recalcitrante, da come si contorceva nel trasportino, poi, nel giro di una settimana, placidamente integrata nel nuovo habitat.

Appena Milly la vide cominciò a soffiare e a fare la gobba, infatti con grande delusione di Natalia, non mostrò di gradire l’ inattesa compagnia.

Sembrava risentita anche nei nostri confronti e appena noi provavamo ad accarezzarla soffiava e si allontanava sdegnata.

L’intrusa se ne stava prudentemente alla larga, consapevole di avere turbato con il suo improvviso arrivo uno “status quo” consolidato e si stava accucciata in un angolo.

Per un giorno intero Milly rifiutò acqua, cibo e coccole, e solo ogni tanto si alzava dal suo cuscino di velluto color oro per andare a scrutare l’intrusa e soffiarle contro.

Una volta che Sheila provò a comunicare con lei miagolando, Milly scattò ringhiandole contro.

Sheila capì che l’unica tattica da seguire era quella dell’attesa(tanto per restare in tema..).

La portammo dal veterinario per farla visitare e sottoporla ad un’ecografia, il cui esito fu una gravidanza già avanzata con quattro cuccioli dentro.

Al ritorno dal veterinario avvenne un fatto strano : Milly sembrava aver sentito la mancanza di Sheila, e quando questa si adagiò stanca e provata da visita ed ecografia, le si avvicinò e cominciò ad odorarla.

Sheila le rispose miagolando dolcemente, come se le stesse facendo il resoconto di tutto quanto le era accaduto.

Per risposta Milly cominciò a leccarle la testa e Sheila la lasciò fare socchiudendo gli occhi.

Era nata un’amicizia felina sotto gli occhi stupefatti di due umane.

mercoledì 16 ottobre 2013

Sedici ottobre millenovecentoquarantatrè: il rastrellamento ed il silenzio del papa.



Esattamente settant'anni fa le truppe tedesche della Gestapo, dietro ordine del capo delle SS, Himmler, effettuarono a sorpresa, all'alba, il rastrellamento del ghetto di Roma.
Famiglie intere, composte da padri e madri con bambini, furono brutalmente sradicate dalle loro case, molti ancora in pigiama o in camicia da notte, i bambini più piccoli  mezzi addormentati, probabilmente con il pollice nella boccuccia, oppure scossi da singulti di paura,  furono intruppati ed ammucchiati come animali in vagoni per il bestiame.
Gli esecutori furono tutti soldati tedeschi, perchè non si fidavano abbastanza degli italiani, molti dei quali, infatti, tentarono di ostacolare l'azione delle truppe tedesche e alcuni, a rischio della propria vita,  riuscendo a nascondere ebrei in appartamenti sicuri.
Voglio condividere foto di alcuni delle centinaia di bambini deportati, dei quali non ne sopravvisse nessuno.











Centinaia di angeli innocenti furono strappati dalle braccia delle loro mamme oppure, stretti a loro, mandati a morire nei lager.
Erano tutti predestinati eppure furono ingannati fino alla fine, con un miserabile ricatto, perpetrato dal maggiore delle SS,
Herbert  Kappler.




Poco meno di un mese prima Kappler convocò nel proprio ufficio il rabbino capo della Comunità israelitica di Roma, Ugo Foà, e il suo presidente Dante Almansi, dicendo loro che voleva consegnati 50 chili d'oro, necessari per costruire nuove armi in Germania, in cambio della salvezza degli ebrei di Roma.
I cinquanta chili d'oro furono consegnati ma Kappler non mantenne la promessa ed il resto è storia.
Alle 5.30 del mattino, mentre  molti stavano ancora dormendo le SS iniziarono il rastrellamento porta a porta.
 Appena entravano negli appartamenti, per prima cosa tagliavano i fili del telefono, subito dopo ordinavano agli abitanti di scendere in strada, intontiti dal sonno, spesso in pigiama e in camicia da notte.
Soltanto pochi  riuscirono a fuggire, alcuni giovani scapparono attraverso i tetti.
  I vecchi e i malati stentavano a reggersi in piedi, i bambini piangevano.
 Le SS spintonavano bruscamente tutti, senza alcuna pietà, neppure per i bambini.
Alle urla  strazianti delle vittime  gli aguzzini restavano impassibili, alcuni erano anche violenti e compivano il loro macabro compito senza esternare alcun segno di umana pietà, piuttosto molti di loro mostrando compiacimento.
Come in un vecchio film riesco a vedere, con sofferta immaginazione, questi gruppi di esseri umani storditi, annichiliti, spintonati, picchiati, presi a calci da burattini senz'anima in divisa.
Uomini spogliati della loro dignità che non potevano più offrire il loro scudo protettivo alle mogli, madri dallo sguardo perso che non potevano più avvolgere i loro bambini nella calda sicurezza di un abbraccio.
Bambini terrorizzati che non potevano capire l'enormità della ferocia e della disumanità sotto cui le loro brevi vite stavano soffocando.

Papa Pio XII fu informato dei rastrellamenti e dalle fonti storiche risulta che non manifestò la sua indignazione e disapprovazione verso l'operato dlle SS, ma si macchiò di un colpevole silenzio.

Questi avvenimenti sono realmente accaduti e non è concepibile che ci siano i negazionisti dell'olocausto, contro l'opera di smantellamento della verità da parte di questi mistificatori, dobbiamo contrappore la commemorazione, dobbiamo porre l'informazione soprattutto rivolta ai giovani, nelle scuole, sugli orrori perpretati da uomini contro altri uomini.

"Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo" (Primo Levi)


martedì 15 ottobre 2013

Interviste famose: Anna Falchi, ovvero "think positive"!





Il personaggio da me intervistato oggi è una delle donne più belle del mondo dello spettacolo, ma è anche una delle persone più spontanee e semplici.
A dispetto della sua fisicità prettamente nordica, della sua bellezza altera e a tratti apparentemente irraggiungibile, Anna nella realtà è una persona simpatica, disponibile e, secondo me, ha anche quel pizzico di fragilità femminile che non guasta.
Intelligente, spigliata, ironica, sincera, ha accettato subito di rispondere alle mie domande, con la simpatia e spontaneità che la contraddistinguono.
Ecco a voi l'intervista:

1) So che tu per prima non ti consideri granchè come attrice, non pensi che
forse non hai mai trovato il regista "giusto" per te, capace di tirare fuori le
tue potenzialità di attrice, limitandosi ad "acclamare" la tua magnifica
apparenza?

Ti ringrazio per l'appunto che hai scritto riguardo ad un regista
che mi sappia dirigere!!! Comunque dico di me ,che sono mediocre
come attrice in quanto non ho studiato recitazione in primis,cosa
assai utile ed importante per coloro che vogliono in futuro
provarci, e poi perchè effettivamente non ci ho mai creduto fino in
fondo. A volte mi son sentita persino inopportuna e a disagio
recitando. Preferisco di gran lunga essere me stessa. Mi considero
più un animale da palcoscenico nelle vesti di presentatrice . Mi
piace improvvisare con ospiti,parlare di
attualità,musica,cinema,spettacolo... Adoro i programmi in diretta
per l'adrenalina che si ha in corpo e sulla sicura resa che ne puoi
trarre. La veridicità ,la velocità,la schiettezza,la bravura
emergono solo in diretta.
 Attualmente sono impegnata in un emittente di Napoli il lunedi sera
a NUMBER TWO sul Canale 34 insieme a Massimo De Luca in un programma
di calcio che mi sta molto appassionando e divertendo.


2) Quando hai scoperto di essere bella e quando hai avuto la consapevolezza di
piacere e turbare gli uomini?

Quando a 16 anni cominciai ad andare in discoteca. Inizialmente
ci andavo solo per ballare. Stavo anche due ore in pista a
scatenarmi e mi vestivo in jeans.T-shirt e scarpe da ginnastica. Mi
muovevo bene ma non emergeva in particolare la mia fisicità. Anzi il
mio complesso era di avere un sederone!!!!! Troppo esuberante mi
dicevo. Finchè una sera in una nota discoteca mancava una ragazza
per una sfilata per una serata speciale. Mi chiesero di partecipare
ed io entusiasta accettai. Dovevo indossare una tuta aderente alla
Eva Kant per intenderci ed uscire con un serpente ed essere sexy. Mi
divertii e le persone che mi conoscevano come le altre presenti
rimasero a bocca aperta nel vedermi la prima volta cosi
sexy ,truccata,agghindata e soprattutto finalmente sbocciata !! E da
quel giorno il mio, ehm, sedere divenne il mio punto di forza!!!
Ehehehe. Non solo ovvio ma mi resi conto di piacere e pure tanto e
il gioco divenne facile. Quando una donna prende coscienza di
 se.....è finita!!!!! eheh



3) Le basi affettive di Anna Falchi: raccontami brevemente della tua infanzia,
dei ricordi più belli e di quelli che vorresti dimenticare.

Della mia infanzia ricordo tutti i bei momenti vissuti con la mia
mini -famiglia composta da mia mamma e mio fratello. Le persone che
ancora oggi condividono con me la quotidianità. Ci son stati anche
momenti bui ma preferisco non parlarne per non intristirmi. Think
positive per sempre.

4) La persona che stimi di più e quella che stimi di meno.

Parlerei in generale e direi che stimo tutte quelle persone che
si son fatte da se anche dal niente e che non stimo è chi invece per
esempio vive di luce riflessa .

5) Qual è stato l'uomo che hai amato di più e quello verso cui provi qualche
rimpianto.

L'uomo più importante è quello con cui ora condivido la vita ma
nel passato sicuramente mio marito Stefano che infatti ho sposato ed
è l'uomo con cui sono stata più a lungo e a cui voglio bene come ad
un parente che sarà per sempre. Mi spiace che sia finita per il
fallimento del matrimonio a cui credevo....

6) Che madre è Anna Falchi per la sua Alyssa?

Sono una mamma come tutte le altre. Presente,affettuosa,complice
con la propria bimba,coinvolgente al massimo. non troppo apprensiva,
infatti tengo molto anche alla sua indipendenza e vorrei che
imparasse a conoscere la vita con i suoi rischi, in un certo
senso ,anche da sola. Se per esempio cade si deve tirare su da se e
solo dopo la rincuoro.




7) Hai una amica vera, sincera, a cui dire tutto, di cui puoi fidarti, dei cui
consigli puoi fare tesoro?

Certo che si!!! Si chiama Marvi e siamo amiche dal 1995 ,ovvero
dal Festival di Sanremo. Infatti Marvi mi ha curato l'immagine in
todo da quel periodo in poi, e da semplici rapporti di lavoro è nata
una gran bella amicizia che tuttora dura e così sarà per sempre.
Marvi è stata la prima look maker in Italia e lavora con i più
grandi personaggi dello spettacolo ed è diventata una grande PR in
generale. Le nostre carriere son partite parallelamente ....

8) So che da qualche anno, oltre a partecipare, sporadicamente, a film e
programmi televisivi, sei anche produttrice. Qual è stato il film da te
prodotto che ti ha dato più soddisfazione?

 Abbiamo fatto una decina di film e quello che più mi ha dato più
soddisfazione e, il più difficile da realizzare, è stato DUE VITE
PER CASO di Alessandro Aronadio. Opera prima che ha partecipato
nella sezione Panorama al Festival Di Berlino nel 2010.

9) Qual è l'ultimo libro che hai letto?

Io leggo abitualmente 2 libri alla volta con diversi argomenti
così che a seconda dell'umore mi coinvolgano comunque. Attualmente
ho sul comodino il libro "MAI PIU 'NOI DUE" diBarbara Delinsky che
pare abbia venduto 30 milioni di copie nel mondo. Storia d'amore,di
tradimenti con un mistero sullo sfondo che riguarda la sparizione di
un bambino.Quindi tema un pò pesante avendo anch'io una bimba
piccola!!! Infatti l'altro libro è "L'ISOLA DELL'AMORE" di Travis
Garvis Gravas che parla di due superstiti che vivranno una storia
d'amore su unisola deserta.

10) Hai superato da poco la boa dei quaranta: che differenza c'è tra la Anna
fresca ventenne e la Anna di oggi, bellissima quarantenne.

Sono una donna, quindi equilibrata,meno sognatrice,meno ribelle
ma molto indipendente come sempre,più pragmatica,più colta e
informata,più consapevole ma quando pecco ovvero mangio e bevo o
faccio tardi , il giorno dopo si capisce subito eheheh A 20 anni non
accadeva!!!!.
 La cosa più bella invece è poter dire di aver vissuto e gustato la
vita e oggi poter pensare al futuro di mia figlia e non pensare solo
a me stessa. Questo il vero senso della vita. Donarsi agli altri,
usufruire dell'esperienza del proprio passato a servizio di chi
ancora non conosce le difficoltà della vita.

11) Le mie domande finiscono qui, ovviamente ne avrei tante altre ma..le
riservo per la prossima intervista, se me la concederai nuovamente.
Grazie Anna.



venerdì 11 ottobre 2013

Interviste famose - Catena Fiorello: donna sicula doc!




Eccomi con una nuova intervista, il personaggio di oggi è, come specificato nel titolo, una donna sicula, potevo scrivere semplicemente "sicula doc", ma ho voluto appositamente rafforzare la definizione, anteponendo il genere all'aggettivo già al femminile.
E' una donna vera, sincera, appassionata, e la sua grinta è permeata da una inaspettata, dolce femminilità.
Il suo cognome non ha bisogno di presentazioni, eppure lei è riuscita a ritagliarsi autonomamente uno spazio suo, come donna e come scrittrice, evitando le scorciatoie, rifuggendo dai circoli ben introdotti, percorrendo un suo cammino il cui indicatore di rotta è l'onestà.
Personalmente l'ho scoperta leggendo il suo ultimo libro "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", magicamente attratta dall'aroma fragrante del pane a cui rimandava il titolo del libro.
E mi si è aperto un mondo, il meraviglioso mondo di Catena, in cui mi sono per molti versi riconosciuta, a parte la profonda, genetica  sicilianità che per nascita e convinzione condiviamo.
Lei è una veramente impegnata, ho dovuto inseguirla non poco per ottenere l'intervista, eppure, nonostante ciò, riesce a trovare il tempo per tutti, per gli amici del "condominio" su facebook, per i tanti fan che le scrivono, per preparare i suoi succulenti piatti, per viaggiare e per vivere degnamente il suo privato.
Ecco a voi l'intervista..buona lettura!


                       
         

  1. Nel tuo ultimo libro "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" parli della tua famiglia, una famiglia come tante, scrivi, ma in effetti una famiglia speciale, come avrà modo di scoprire il lettore man mano che andrà avanti con la lettura. Quando hai avuto la consapevolezza di appartenere ad una famiglia che poggiava la sua esistenza e resistenza su dei valori come la dignità e la speranza?

La consapevolezza è arrivata verso l’adolescenza. E’ a quell’età che cominciamo a comprendere ciò che accade in famiglia, ed è stato intorno ai 12/13 anni che ho capito che a casa mia tutto quello che di bello e importante arrivava era solo grazie ai sacrifici immensi dei miei genitori. Da adulta invece, grazie all’esperienza e alla maturità, ho compreso anche il loro immenso lavoro e le fatiche per portare avanti con onestà e dignità il loro progetto d’amore; rinunce che poi, hanno affrontato tante famiglie e non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Infatti, questo libro, è un modo per parlare e ringraziare i genitori in generale che, negli anni della mia giovinezza, e purtroppo anche quelli di questa generazione, hanno affrontato e affrontano a testa alta le enormi difficoltà del quotidiano. La crisi economica del nostro tempo, ad esempio, ha obbligato a fare i conti con tutto, e questo è drammatico.

  1. Personalmente ti ho "scoperta" ed apprezzata grazie al libro sopra citato, sapevo che lavoravi da tempo, come autrice, nell'ambito dello spettacolo, mi era giunta l'eco di alcuni libri da te pubblicati, ma non ero andata oltre. Apprezzavo i tuoi famosi fratelli come artisti e come persone, conoscerti come scrittrice attraverso la lettura del tuo ultimo libro, e come donna attraverso il tuo "condominio" virtuale mi ha confermato che dietro al cognome Fiorello c'è la certezza della simpatia e della genialità! Il tuo cognome ti è stato di aiuto o piuttosto agli inizi ti sei sentita "schiacciata" dal confronto con i tuoi fratelli?

Sapevo già, affrontando un lavoro “pubblico” come quello di scrittrice, che sarei andata incontro anche (ma non solo) a critiche o illazioni; ma questo fa parte del gioco. D’altronde, negherei l’evidenza se dicessi che “Fiorello” è un cognome sconosciuto.

Ma lascio ai lettori e alla gente in generale che mi conosce in varie occasioni, come ad esempio durante le presentazioni che faccio in giro per l’Italia, la possibilità di farsi un’idea di me come persona. Confida nell’onestà intellettuale che cerca di evitare il pregiudizio solo perché hai un certo cognome, e vado avanti per la mia strada.

  1. Ritieni che se non avessi conosciuto il sapore amaro del sacrificio e della rinuncia non avresti trovato la tenacia e l'entusiasmo che ti hanno fatto diventare una scrittrice di successo?

Affermo sempre che, lo “stato di necessità permanente” in cui sono cresciuta ci aiutati ad essere determinati e tenaci. Quando devi per forza di cose conquistarti il tuo “pezzo di pane quotidiano” non hai molte alternative, e conti solo tu te stesso; questo abbiamo fatto noi, avendo sempre presente che l’onestà era il punto di partenza principale con cui fare i conti.




  1. Che differenza c'è tra la Catena bambina che faceva i compiti sul tavolo della cucina, annusando gli odori che sprigionavano i cibi cotti da sua madre, e la Catena di oggi, autrice e scrittrice affermata?

Sembrerà una risposta banale, ma nessuna. Siamo e ci manteniamo sempre della stessa natura con cui venuti al mondo; credo sia un destino comune a tutte le persone. Magari cambiano le cose superficiali, il modo di vestire, o un gusto nel mangiare, ma l’essenza, quella fondamentale, come possiamo cambiarla? Non è successo a me, ma credo (e non voglio pontificare sulle vite altrui) che anche gli altri membri della mia famiglia si siano mantenuti così com’erano in quel di Augusta, quando si viveva felicemente in quel piccolo ma accogliente appartamento di via Orso Mario Corbino, al 27 (poi, 31).

5. Come è cambiato l'atteggiamento nei tuoi confronti delle persone del tuo paese di origine? Hai mantenuto le amicizie di quando eri una ragazzina come tante?
  • Le stesse amicizie che frequentavo quando ero ragazza, sono le stesse con cui ho rapporti ogg; certo, impossibile frequentarsi con la stessa assiduità con cui lo facevamo prima, ma se mi chiedi chi sono le tue migliori amiche continuerò a rispondere: Carmen Fruciano, Daniela Turchio, Cristina Busacca e Rosalba Strano. Quelle eravamo, e quelle siamo rimaste: un gruppo indissolubile e sincero nel sentimento e so con certezza che, se avessi bisogno in un momento difficile, loro, come già hanno fatto in passato, correrebbero da me, e lo stesso farei io per loro.



6.     Quando è stata l'ultima volta che hai pianto, e perchè?

Ho pianto per qualcosa di troppo personale, doloroso e dunque, proprio per questo motivo non posso parlarne in un’intervista. Lasciamo anche qualcosa di intimo e privato. Già con i Social, la nostra vita (solo e sempre con la nostra volontà, e non è colpa di nessun altro) è sempre sotto un faro, e diamo in pasto a tutti, qualche volta sbagliando, informazioni che dovremmo tenere per noi – ma questa è l’era dell’esibizionismo -, però facciamo un esame di coscienza, io per prima, e domandiamoci: ma davvero tutto quello che scrivo e pubblico su FB, Twittwer o altro, è importante che venga conosciuto? Ultimamente mi sto facendo molte domande, e credo che prima o poi, smetterò di raccontarmi come faccio, a volte la buona volontà d’esser sinceri con tutti, non paga, e si viene travisati.

7. Che cos'è per Catena Fiorello la felicità?

Essere felici di quello che abbiamo, anche se poco. I miei facevano così, e, infatti, sono stati molto felici. Io, e molti di noi, non sempre possediamo questa saggezza, e ci tormentiamo. Bisognerebbe ascoltare di più Papa Francesco.


8. In tutti voi Fiorello la sicilianità è una componente forte, essenziale, del vostro vissuto quotidiano, eppure avete lasciato tutti la Sicilia, anche tua madre e tua sorella Anna vivono a Roma. Ha prevalso la "colla" affettiva che vi legava, sulla necessità di restare ancorati alla propria terra?

Credo che noi siciliani abbiamo un codice genetico modificato! Scherzi a parte, non si può mai prescindere dalla terra in cui sei nato e che ti appartiene “cromosomicamente”. E’ una necessità, e a seguire un onore. La mia terra ha dato tanti buoni frutti.

9) So che hai sciolto più di una promessa di matrimonio, quasi davanti all'altare; qual è il motivo, il riferimento forte e costante a papà Nicola oppure al fratello maggiore, Rosario?

Come per la risposta di prima, il privato lasciamolo in quella sfera, perché ciò che siamo nell’intimità va preservato e nei limiti che possiamo, anche tutelato con amore.




10) Se dovessi definirti sotto forma di un piatto, rigorosamente siciliano, ovviamente, che piatto saresti?

Una caponata, sai perché? Perché sono un misto di tante cose, ho bisogno di essere cucinata per ore, ma il risultato che viene fuori è buono e dal sapore sincero non è mai lo stesso cucinato il giorno prima!

  • Catena,  non casualmente la caponata è una delle pietanze da me preferite! Grazie!