martedì 23 aprile 2013

Rocchetti e pistole - settima puntata


Cettina si appassionò al suo lavoro, le rendeva meno penosa la lontananza da 'Ntonio e l'entusiasmo con cui le signore dell'alta borghesia accoglievano le sue proposte di moda la gratificava..anche economicamente.
Si era conquistata  la fiducia di alcune di loro che ormai si rivolgevano direttamente a lei per un abito particolare da indossare in una occasione speciale.
Una delle sue preferite era la moglie del titolare della più rinomata gioielleria della città; era una donna del nord Italia e le sue sembianze lo rivelavano.
Bionda con incredibili occhi azzurri, alta e slanciata, fianchi snelli, il suo fisico si addiceva perfettamente alla moda del momento.
Provare gli abiti imbastiti sul suo fisico era uno spasso per Cettina, e vederne poi il risultato finale alla consegna, quando la signora, indossato l'abito, si rimirava allo specchio girandosi e rigirandosi, era qualcosa che la lasciava senza fiato.


Era anche una persona semplice, solare, non si dava arie, considerando che il marito era nella rosa degli uomini più ricchi della città, contrariamente ad altre signore che si atteggiavano a grandi dame quando entravano nella piccola sartoria.
Eppure attorno a quella dolcissima donna ventilavano pettegolezzi, le signore del luogo vociferavano, insinuavano..sulle sue origini!
Qualcuna arrivò ad affermare che, il gioielliere, ancora scapolo (molto appetibile) in età ormai adulta, in uno dei suoi tanti viaggi e durante una  "incursione" in una casa....si innamorò di quella bellissima fanciulla che gli aveva tenuto compagnia, la condusse con sè e la sposò, superando qualsiasi tentennamento o perplessità oltre le ire dell'anziana madre!



Cettina non si curava dei pettegolezzi, a lei bastava guardarla negli occhi e ascoltare quello che diceva per farsi una sua opinione.
Un giorno la signora Carla, era il suo nome, le chiese se fosse sposata, e alla scoperta che era addirittura madre di due bambini, rimase meravigliata.
 Quando Cettina le spiegò che da sei mesi era una madre sola con due bambini, in quanto suo marito si trovava  in America, Carla, con stupore di Cettina, si commosse.
La volta successiva, alla prova di uno degli abiti, Carla si presentò con un cesto coperto da una tovaglietta ricamata; allo sguardo interrogativo di Cettina rispose scoprendone il contenuto  "Provengono dalla nostre campagne, dai nostri terreni, dai nostri allevamenti: uova, formaggi, pomodori, arance e anche il miele, per te e per i tuoi bambini!"
Cettina rimase a bocca aperta, impacciata, non riusciva ad articolare parola, guardava Carla, guardava la sua titolare, sbalordita più di lei,  sentiva la gola secca e gli occhi che si stavano inumidendo di lacrime.
Finalmente con un filo di voce riuscì a balbettare "Grazie..signora..ma..ma io non posso accettare..lei è troppo buona..."
La donna posò il cesto a terra, alzò le spalle e sorridendo esclamò "Si che puoi accettare..non puoi togliermi il piacere di farti un piccolo regalo..poca cosa per me, credimi. Ma la gioia  nel donartelo è grande!"  




Stava nascendo un'amicizia tra due donne molto diverse fra loro, geograficamente e socialmente, ma molto simili sotto altri aspetti, ben più profondi e con la stessa percezione delle cose...e non si trattava solo dei colori e degli accostamenti negli abiti!

mercoledì 10 aprile 2013

Rocchetti e pistole - sesta puntata




Cettina sentiva la mancanza del suo 'Ntonio ogni giorno di più, passavano i mesi e ogni tanto riceveva una sua lettera, le scriveva del suo lavoro, sembrava contento, pur soffrendo per la lontananza da lei e dai bambini. Godeva di buona salute, il lavoro gli piaceva, la paga era buona, la famiglia presso cui lavorava era composta da brave persone che l'avevano accolto come uno di loro.
 Chiedeva ardentemente notizie sue e dei bambini, Cettina rispondeva subito alle sue lettere, tranquillizzandolo sulla salute dei piccoli, su come crescessero bene, evitando di preoccuparlo con le piccole beghe quotidiane.
Le esigue risorse economiche che  le aveva lasciato cominciavano ad assottigliarsi, e, contrariamente a quanto lui le suggeriva in ogni lettera, non voleva ricorrere all'aiuto dei suoceri o dei genitori.
Sapeva cucire bene e iniziò a farlo, oltre che per confezionare abiti per lei e vestitini per i bambini, cucendo anche per altre persone, dietro pagamento.
Una vecchia amica della madre, sarta di professione, aveva da poco acquistato una macchina da cucire e Cettina le chiese se poteva recarsi da lei ed usufruirne per confezionare gli abiti; in cambio le dava una mano senza farsi pagare.
Aveva una mano felice nel taglio e una innata fantasia nell'accostamento dei colori, cosa che la sarta notò subito. Ben presto la prese con sè nella sartoria, pagandola settimanalmente.


In città c'era un teatro che spesso dava rappresentazioni di un certo rilievo e le dame, mogli degli uomini più in vista, tutti appartenenti al   "Circolo dei nobili", vi si recavano per sfoggiare abiti all'ultima moda.
Cettina ebbe l'ambizione di puntare proprio su questa tipologia di cliente, che snobbando le sartine di provincia, si recava nella vicina città più grande ed evoluta dove c'erano sartorie più sofisticate.
Scrisse al marito se poteva spedirgli una famosa rivista di moda che veniva pubblicata in America, impossibile da trovare nella loro piccola, arretrata città,  e lui, dopo qualche perplessità iniziale, la accontentò.



Quando, per la prima volta, Cettina ebbe tra le mani la rivista patinata, la accarezzò come una reliquia, la sfogliò in religioso silenzio, osservando le foto di quelle donne bellissime e sofisticate, che sembravano appartenere ad un'altro mondo.
Dovette faticare non poco per convincere la sua datrice di lavoro a proporre alle sue clienti più benestanti i modelli della rivista, ma davanti alle reazioni sorprese ed entusiaste di alcune clienti, non potè che darle ragione ed intraprendere una nuova avventura sartoriale con la sua perspicace allieva.
Il periodo degli anni trenta fu quello dei cappellini con la veletta, degli orli delle gonne che si allungavano, degli abiti che si aprivano alle pieghe, delle spalle che diventavano quadrate per le imbottiture.


Un ostacolo non indifferente per Cettina e la sua datrice di lavoro, fu riuscire a trovare le stoffe adeguate per cucire modelli così ambiziosi.
L'unico negozio di tessuti in città era fornito delle solite stoffe  negli stessi colori; il tessuto in nylon, che sostituiva degnamente la seta e costava meno, era sconosciuto, i colori accesi come il fucsia, non considerati.
Cettina ingegnandosi riuscì a trovare il modo per recarsi nella città vicina, più grande e fornita di diversi negozi di tessuti.
 Un amico di suo padre vi si recava due volte al mese con un calesse, per rifornire di merce  il suo negozio  di drogheria pieno di specialità, e fu ben lieto di condurre con sè Cettina, accompagnata dalla madre, ovviamente.

 La madre la accompagnava con riluttanza preoccupandosi per questa figlia, che da quando il marito era partito, invece di chiudersi in casa con i bambini e condurre una vita appartata, sembrava avere strane idee per la testa.

martedì 2 aprile 2013

Rocchetti e pistole - Quinta puntata


Antonio i primi tempi si adattò a vivere, insieme ad altri suoi compaesani, in un vecchio edificio in un quartiere di New York, pieno di poveri immigrati calabresi e siciliani , in uno spazio angusto, fatiscente, senza bagno, dove si ritrovavano tutti la sera, stanchi, pieni di malinconia e frustrazione.
In America la vita per gli immigrati del sud Italia era molto dura, gli americani li consideravano poco più che bestie, per loro gli italiani meridionali erano sporchi, rumorosi, portatori di malattie, di sporcizia, chiasso e delinquenza.




Ironizzavano sulle loro abitudini alimentari, religiose, sul loro parlare nei  dialetti ad alta voce, o cantare canzoni incomprensibili anche musicalmente, sulla facilità con cui molti di loro, esasperati dall'atteggiamento sprezzante degli abitanti del luogo, dalla stanchezza e dalla fame, attaccavano briga creando disordini ed episodi di violenza.
Antonio si dissociava dai soggetti più rissosi e tendeva ad isolarsi anche tra la sua gente.
Lui era arrivato fin lì con il solo scopo di migliorare le condizioni di vita  della sua famiglia, il suo obiettivo era quello di trovarsi un lavoro onesto, che gli consentisse di mettere da parte i soldi necessari per comprarsi un pezzo di terra da coltivare ed una casa,  al suo paese, poi sarebbe tornato da sua moglie e dai sui bambini, e non li avrebbe mai più lasciati soli.
Dopo i primi lavori saltuari e mal pagati, finalmente trovò occupazione nel quartiere "Little Italy", in una trattoria italiana a conduzione familiare, il proprietario, un siciliano ormai ben integrato nella comunità, si occupava dei clienti, il figlio, un ragazzino ancora imberbe, serviva ai tavoli, la moglie e la figlia erano addette alla cucina, alla preparazione delle pietanze.


Cercavano una persona che collaborasse in cucina, come lavapiatti, pelapatate, aiuto cuoco e Antonio fu ben contento di mettere a loro disposizione la sua buona volontà e la sua  serietà nel lavoro.
Quando il proprietario scoprì che suonava l'armonica a bocca e se la cavava anche con la fisarmonica, lo promosse, pur lavorando sempre in cucina, anche come intrattenitore nelle serate in cui il ristorante era pieno. 


La paga era buona, la trattoria era sempre piena ed i clienti, quando suonava la fisarmonica, gli elargivano sorrisi e mance.
Antonio assaporò tutto ciò come un primo successo personale e il suo prossimo, immediato obiettivo era imparare quella lingua a lui sconosciuta ed ostile.