sabato 26 ottobre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Quarta puntata












A volte i nostri ospiti restavano leggermente perplessi per il colore del manto della nostra gattina, un gatto nero…ma non porta male?

Per tutta risposta decidemmo di stabilire che un gatto nero "in casa"  portava fortuna.

Divenne un vero e proprio assioma subito assimilato dagli amici che venivano a casa nostra.

A volte mi veniva da sorridere ascoltando una amica, ormai edotta, che spiegava ad un’altra, profana, “che i gatti neri portano sfortuna se ti attraversano la strada, ma in casa portano fortuna”!

E’incredibile come antiche superstizioni inerenti fatti, persone o animali abbiano ripercussioni sulle opinioni delle persone anche a distanza di migliaia di anni.

La leggenda del gatto nero affonda le radici in un tempo lontanissimo, l’epoca dell’antico Egitto.

Per gli egizi il gatto aveva valenze religiose ed era associato al culto di Iside, la “signora dai mille nomi”.

ll gatto, meglio se nero (come l’oscurità della notte) era adatto ad affiancare la dea Iside.

Per gli egizi il gatto divenne sacro, una vera e propria divinità.

Fu in seguito, con l’avvento del cristianesimo, che la figura del gatto, soprattutto quello nero, venne associato al diavolo, e tanti poveri gatti finirono sul rogo insieme a tante donne innocenti definite streghe.

La nostra Wendina era solo una bellissima micia, specialissima col suo pelo nero ed i suoi occhi di giada.

Per il suo primo compleanno le regalammo un collarino nuovo da vera principessina, e lei lo accettò portandolo con la classe che la contraddistingueva.

Quando ebbe il suo primo calore fu anche in quell’occasione discreta e riservata, contrariamente a Milly che nei suoi calori miagolava come una forsennata, soprattutto durante la notte, facendo sentire i suoi richiami d’amore a tutto il vicinato..

Wendy no, era solo più irrequieta, si strofinava con la schiena per terra, ogni tanto miagolava più forte, ma tutto nei limiti della..decenza!

Anche quando saltava agilmente sui mobili o si aggirava tra i soprammobili era flessuosa, delicata, capace di passare in mezzo a delicate statuine senza neppure sfiorarle.

Non ha mai fatto cadere un oggetto, né tantomeno rotto qualcosa di fragile.

Altrettanta delicatezza e riservatezza esigeva dagli umani; non gradiva carezze e coccole non richieste, non amava saltare in braccio agli ospiti, diversamente da Milly, che appena vedeva una mia amica o una compagnetta di Natalia vi saltava in grembo facendo le fusa rumorosamente.

Se qualcuno cercava di accarezzare Wendy, lei abbassava la schiena sfuggendo le carezze e si allontanava veloce, andandosi a nascondere.

Neppure io avevo il permesso di prenderla in braccio, accarezzarla, coccolarla.

Questi privilegi li concedeva solo a Natalia, da lei si faceva prendere in braccio, si lasciava accarezzare, baciare, e se mia figlia correva esortandola a seguirla, Wendy la rincorreva prontamente.

Se Milly era la sua mamma adottiva, Natalia era la sua unica, preziosissima amica.

Questo legame innato, assoluto, profondo, con il seguire degli anni si è rafforzato.

Wendy avrebbe voluto l’affetto e le attenzioni di mia figlia in esclusiva per sé, ma Natalia non era dello stesso parere.

Lei amava Wendy come una della famiglia però, rivolgeva, a volte, la sua attenzione anche ad altre creature del genere animale…

Fu così che dopo un paio d’anni la famiglia si allargò con un altro esemplare felino, la più pasticciona ed esuberante delle gatte : Cora.

Anche lei entrò a far parte della nostra famiglia casualmente; nel giardino sottostante l’appartamento di mia madre una gatta fece una cucciolata, tra questi cuccioli ce n’era uno che attirò subito l’attenzione di Natalia.

Sembrava un certosino, aveva un bellissimo pelo corto, grigio argento e un musetto buffo, una deliziosa testolina rotonda e gli occhi tondi di un bel dorato.

Quando Natalia scendeva per avvicinarsi ai cuccioli, l’unico che le saltellava incontro era proprio quello grigio.

Inutile dirvi che anche quella volta mi arresi alle preghiere di mia figlia e così Cora affrontò il breve viaggio, via trasportino, dal luogo natìo a casa nostra.

Appena la portammo a casa le due padrone del terrazzino coperto iniziarono a soffiare offese, a rifiutare cibo e coccole.

Milly però dopo due, tre giorni già aveva stretto amicizia con la nuova arrivata, Wendy no.

Ci vollero parecchi giorni prima che consentisse all’intrusa di avvicinarla ma nel profondo del suo cuore non l’accettò mai veramente.

Cora era anche lei femmina, crescendo si faceva sempre più bella, il manto grigio-argento era diventato foltissimo, dotato di un sofficissimo sottopelo.

Il corpo stava diventando quasi massiccio, con spalle, petto e collo larghi, quando la accarezzavo sentivo sotto il pelo uno strato di grasso.

Era vivace, giocherellona, esuberante, molto comunicativa, rumorosa e pasticciona.

Tutto ciò ovviamente dava tremendamente fastidio alla scontrosa e riservata Wendy, che non perdeva mai occasione per ringhiarle, darle zampate e inseguirla con intenti punitivi.

Milly invece aveva adottato anche lei e spesso la faceva sdraiare vicino a sé leccandola amorevolmente.

Delle tre, Wendy aveva il ruolo indiscusso di leader e le altre due erano sue gregarie.

Se Milly aveva accettato di buon grado la supremazia di Wendy, l’ultima arrivata sembrava non voler capire.

Pur avendo ciascuno la sua ciotola, Wendy si fiondava sempre su quella che veniva riempita per prima, come se fosse un suo diritto acquisito.

Se Natalia provava a rimproverarla per lasciar mangiare prima la più piccola, ovvero Cora, lei ignorava i rimproveri e appena l’ultima arrivata provava ad avvicinarsi alla ciotola le sferrava zampate con rabbiosi ringhi.

Si rifiutava di giocare con la piccola Cora, se quella le saltellava davanti spronandola a giocare lei miagolava rabbiosamente mostrando i denti.

Era fuori di sé dalla gelosia, sapeva di non avere più l’esclusiva dell’affetto e delle attenzioni di Natalia.

Quello che le accadde dopo sembrò un involontario modo per attirare nuovamente la nostra attenzione esclusivamente su di lei.

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