mercoledì 20 novembre 2013

Rocchetti e pistole - Tredicesima puntata


Riassunto delle puntate precedenti : Anna è una bella ragazza di quindici anni e si ritrova, subito dopo la guerra, sola con la madre, in quanto il fratello risulta disperso in Russia, mentre del padre si sono perse le tracce dopo essere andato in America, in cerca di fortuna e benessere per sè e la famiglia, quando lei era piccola.Quello tra i suoi genitori era stato un vero e proprio colpo di fulmine, seguito dalla "fuitina" e dal matrimonio. Il padre di Anna dopo un primo periodo di difficoltà riesce a trovare lavoro in un ristorante gestito da una famiglia di italiani, nel quartiere "Little Italy".
Durante la lontananza del marito, la giovane donna, rimasta sola con due bambini, piuttosto che rivolgersi ai familiari suoi e del marito, inizia a lavorare presso una sarta e riesce a farsi apprezzare sia dalla sua datrice di lavoro che dalle clienti. In particolare Cettina instaura un rapporto di stima ed affetto con una delle sue migliori clienti, la signora Carla. Nel quartiere Little Italy Antonio, grazie ai titolari italiani della trattoria in cui lavora, riesce a trovare una casa  dignitosa in cui abitare da solo.

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Ben presto Antonio sentì l'esigenza di ambientarsi non solo nel luogo di lavoro, ma anche nella realtà sociale in cui viveva.
La prima, non indifferente difficoltà, era la lingua, a lui totalmente sconosciuta.
Iniziava a capire alcune parole che ricorrevano spesso nel posto di lavoro, e qualche altra per farsi capire per le necessità basilari, normalmente subentravano i titolari della trattoria a toglierlo d'impiccio quando qualche cliente provava a discorrere con lui.
Si iscrisse quindi ad un corso serale d'inglese per immigrati, frequentato da italiani adulti ,  dei quali molti erano analfabeti, cosa che rendeva l'apprendimento molto ostico.  
Antonio comprò una bicicletta e iniziò a girare per la città durante il giorno di riposo, esplorò la parte più a nord di New York, piena di grattacieli che gli causavano le vertigini solo a guardarli.
Ogni volta che si recava a Manhattan non mancava di passeggiare a  Times Square, scendeva dalla bicicletta e camminava lentamente, tenendo il manubrio con una mano; l'edificio che lo lasciava letteralmente senza fiato era l'Hotel Astor, l’albergo più grande della sua epoca, era alto undici piani, aveva mille camere, la luce elettrica e il riscaldamento e la sua superficie si estendeva per 3.300 metri quadrati. Era famoso anche per i locali pubblici lussuosamente decorati, il giardino pensile – molto innovativo per i tempi – la sala da ballo e i ristoranti esotici.
 Su di esso Antonio fantasticava, immaginava uomini ricchissimi , accompagnati da donne bellissime e profumate, seduti mentre, con il sigaro in una mano e la coppa di champagne nell'altra, ridevano divertiti  alle ragazze con le braccia nude e le calze di seta.  



Era consapevole che quello era un mondo, per cultura e ceto, lontano da lui tanto quanto lo era la terra  dalla luna, e le sere che lasciava la finestra aperta, da dove filtrava la luce argentata della luna,  sperava che anche la sua  Cettina, ammirando lo stesso disco argentato risplendente nell'oscurità, lo pensasse con la stessa sua intensità , e con gli occhi lucidi di lacrime, iniziava a suonare l'armonica a bocca, diffondendo nel quartiere struggenti note intrise di nostalgia e d'amore.

sabato 9 novembre 2013

Rocchetti e pistole - Dodicesima puntata





Riassunto delle puntate precedenti : Anna è una bella ragazza di quindici anni e si ritrova, subito dopo la guerra, sola con la madre, in quanto il fratello risulta disperso in Russia, mentre del padre si sono perse le tracce dopo essere andato in America, in cerca di fortuna e benessere per sè e la famiglia, quando lei era piccola.Quello tra i suoi genitori era stato un vero e proprio colpo di fulmine, seguito dalla "fuitina" e dal matrimonio. Il padre di Anna dopo un primo periodo di difficoltà riesce a trovare lavoro in un ristorante gestito da una famiglia di italiani, nel quartiere "Little Italy".
Durante la lontananza del marito, la giovane donna, rimasta sola con due bambini, piuttosto che rivolgersi ai familiari suoi e del marito, inizia a lavorare presso una sarta e riesce a farsi apprezzare sia dalla sua datrice di lavoro che dalle clienti. In particolare Cettina instaura un rapporto di stima ed affetto con una delle sue migliori clienti, la signora Carla.


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Antonio lavorava con soddisfazione nel ristorante sito in  Little Italy, i titolari erano brave persone, italiani del sud Italia come lui, gente che dopo tanti sacrifici aveva raggiunto un discreto benessere ed era riuscita ad inserirsi nel contesto sociale americano.
Il titolare si chiamava Salvatore ed era un ometto tarchiato, scuro  di pelle con baffi neri come la pece ed un sorriso sdentato che si allargava da un orecchio all'altro!
La moglie era ancora bella, dagli insoliti colori chiari, retaggio di antiche dominazioni normanno-sveve-francesi nel sud d'Italia.
Teneva i capelli color biondo-scuro raccolti in una banana e l'unico vezzo che si concedeva era dipingere le labbra di un rosso intenso.




Salvatore anni prima si era avventurato in America da solo, proprio come Antonio, e appena aveva raggiunto una stabilità abitativa ed economica aveva chiesto alla moglie ed ai figli di raggiungerlo, perchè stare da solo, lontano da loro per troppo tempo, lo immalinconiva.
Aiutato dalla moglie portò avanti con soddisfazione il suo ristorante, fino ad assicurarsi una cerchia fidata di clienti, più i turisti e gli avventori sporadici.
I titolari propronevano piatti tipici regionali del loro paese, ed essendo entrambi due bravi cuochi facevano letteralmente deliziare i clienti. 
Quando i ragazzi crebbero iniziarono a collaborare nella trattoria dei genitori, il ragazzo, mentre frequentava la scuola, durante le vacanze estive, la ragazza in pianta stabile in cucina, dopo aver completato la High  School.
Tutta la famiglia accolse bene Antonio, il quale venne subito promosso a cameriere ed intrattenitore, percependo una paga adeguata.
Spesso, inoltre, lo invitavano il lunedì, giornata di chiusura del ristorante, a pranzo a casa loro.
Dopo qualche mese Salvatore trovò una minuscola abitazione per Antonio,  in un vecchio edificio, un posto dove abitare da solo finalmente e con il bagno dentro casa; il proprietario era un  vecchio amico e cliente di Salvatore.
Antonio scriveva tutto alla sua amata Cettina, tranquillizzandola così sulle condizioni in cui lui viveva e lavorava.
"Dio ha ascoltato le mie preghiere e mi ha fatto incontrare questa brava gente, dopo soli sei mesi io ho un lavoro ben pagato ed un appartamentino consistente in una stanza con bagno, dove stare.
 Cerco di risparmiare il più possibile così da mettere da parte  i soldi necessari per tornare da te e comprare un pezzo di terra e una casetta per noi e i bambini."
Cettina dal canto suo gli rispondeva di mettere da parte quanto più poteva, perchè lei con il suo lavoro di sarta riusciva a mantenere dignitosamente sè ed i bambini.
Nei bambini il ricordo del padre sbiadiva giorno dopo giorno, soprattutto nella piccola Anna, troppo piccola per avere un ricordo del padre prima della partenza.

venerdì 8 novembre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Nona ed ultima puntata







































Ho scoperto che persino la tartaruga terrestre ha un cervello ed un cuore; prima pensavo che fossero quasi delle amebe.

Ritenevo che a loro bastasse avere del cibo ed un po’ di spazio dove camminare lentamente.

Grazie a mia figlia ho scoperto che la tartaruga è un animale intelligente, affettuoso e..dispettoso.

Interagiva con le gatte rubando loro il cibo, appena loro sonnecchiavano ignare lei inseriva l’acceleratore e in un attimo era vicina alla loro ciotola , vi poggiava le zampette ruvide, spalancava la bocca e mangiava il loro cibo.

Se poi una di loro se ne accorgeva ed accorreva soffiandole e facendola allontanare, lei aspettava al varco ed appena Cora o Wendy si accingevano a mangiare i resti nella ciotola, si avvicinava da dietro e “zac” mordeva la coda!

Un’altra cosa sorprendente era che da Natalia si faceva imboccare.

Mia figlia la sollevava con una mano e tenendola a mezz’aria, con l’altra mano le dava un pezzetto di frutta o un pezzetto di carne; lei ubbidiente spalancava le fauci ed ingoiava.

Se provavo a fare la stessa cosa io, niente, lei muoveva le zampette in segno di protesta e stava con la bocca serrata.

Se insistevo e le spingevo contro il muso il pezzetto di cibo, rientrava la testa!

Le onde d’amore, evidentemente, sono una prerogativa di mia figlia.

A volte mi innervosivo un po’ quando sembrava che Natalia desse un’eccessiva prerogativa alla sicurezza degli animali, mi spiego : quando eravamo a casa lasciavamo che le gatte potessero entrare ed uscire dal terrazzino coperto, stando quindi nella cucina-soggiorno con noi.

Capitava che le micie mi si mettessero quasi sotto i piedi con il rischio di pestarle o di cadere io.

Mia figlia subito insorgeva esclamando con tono di rimprovero : -Mamma, stai attenta, le stavi schiacciando la zampa!- sottovalutando il fatto che oltre a pestare loro una zampa rischiavo di cadere e farmi male.

Allora ci punzecchiavamo un po’, in seguito non ho più fatto caso alla cosa rendendomi conto che ciò fa parte della premura ed attenzione che Natalia ha per chi ritiene più debole ed indifeso.
Quando ho scritto questo racconto Wendy era ancora viva ed in buona salute, ma subito dopo si è ammalata e , nonostante abbia ricevuto tutte le cure necessarie, ci ha lasciati tre anni fa, dopo aver riempito per 19 anni la nostra vita con le sue fusa vibranti amore e i suoi miagolii che richiedevano coccole e attenzioni.
Ciao Wendina, indimenticabile panterina!




giovedì 7 novembre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Ottava puntata














Dopo la morte di Milly continuammo la convivenza con le due gatte che non si soffrivano, da quando Wendy era entrata nella nostra vita erano passati diversi anni ed erano successe tante cose, Natalia ormai era una signorina e aveva anche un ragazzo, aveva nuovi amici, nuovi interessi.

Non direi che trascurasse le sue amiche feline ma certamente il tempo da dedicare a loro si era contratto, era anche cambiato il modo di rapportarsi a loro.

Nel cortile del nuovo condominio si accorse subito che c’erano dei gatti a cui qualcuno portava del cibo, ed ovviamente contribuì scendendovi regolarmente cibo e concedendo carezze ed attenzioni anche a questi inquilini “abusivi”.

Nacque una tacita alleanza con la famiglia che si prendeva cura dei gatti del cortile e una guerra fredda con la maggior parte degli inquilini che non tolleravano la presenza dei gatti, lamentandosi che sporcavano e spaventavano i bambini.

Ovviamente in primavera ci fu una cucciolata e Natalia con il fiuto che la contraddistingueva scovò subito il luogo dove mamma gatta aveva nascosto la cucciolata.

Con l’immediata empatia che si instaurava tra lei ed i gatti, la mamma dei gattini concedeva a lei sola di avvicinarsi, di accarezzarli, di prenderli in mano.

A tal proposito vorrei aprire una parentesi e dire di come io ammiri mia figlia per l’amore profondo, incondizionato, tenace che prova per gli animali e soprattutto per i gatti.

Questa è una cosa che non le ho mai detto, forse per pudore, ma io avrei voluto avere la costanza del suo amore per gli animali e la sua forza nel difendere questo suo sentimento, contro tutte le critiche che le sono state spesso sollevate e le lotte che ha dovuto affrontare in più occasioni in loro difesa.
 
Natalia ama gli animali di un amore vero e puro, senza secondi fini, senza interesse di alcun tipo, senza smanie di protagonismo.

Lei mette la sua persona a disposizione di questo legame innato e loro, gli animali, lo sentono immediatamente.

Non c’è cane intrattabile o gatto ringhioso che non si inchini davanti al suo amore in attesa di affetto e coccole.

Fin da piccolissima, quando la portavo con me a fare delle passeggiate, se c’era un cancello con dietro un cane enorme che abbaiava a chiunque, lei trottava subito verso l’animale e prima che io potessi trattenerla le sue manine già erano passate attraverso le sbarre del cancello e accarezzavano il gigante minaccioso che al suo contatto guaiva e scodinzolava tremante di gioia.

La sua vocina era come un flauto magico per le loro orecchie, appena lei li chiamava, tutti, indistintamente, cani e gatti, ovunque si trovassero, accorrevano e si lasciavano toccare, accarezzare, abbracciare.

Erano delle onde d’amore evidentemente percepite solo dalle loro orecchie ed i loro cuori.

Io prima cercavo di arginare questa esigenza di amore ed attenzione di mia figlia verso gli animali , poi mi sono inchinata a questo esempio di generosità ed affetto e l’ho assecondata.

Quando ero bambina amavo anch’io gli animali, ma in famiglia sono stata meno assecondata e, indubbiamente, non avevo la dote di Natalia di perseverare nell’impegno e nell’amore verso gli animali.

Nella mia casa, da adulta, sono passati gatti, cani, galline, paperelle, criceti, tartarughe.

Se un freno ho dovuto spesso porre è stato per questioni di spazio e di esigenze condominiali, diversamente la nostra casa sarebbe diventata una sorta di “arca di Noè”.

domenica 3 novembre 2013

Wendina - L'indomita panterina - Settima puntata











Un aspetto buffo della convivenza tra gatti e cane fu che Bruna, per imitazione, imparò a fare dei balzi incredibili con un’agilità tutta..felina, e ben presto, con un salto imparò anche lei a salire sul tavolo!

Ovviamente Milly dimostrò la sua bontà ed il suo istinto materno anche con un rappresentante della razza canina, infatti più di una volta scoprimmo lei e Bruna sonnecchiare accucciate l’una a fianco all’altra.

Bruna rimase con noi soltanto un anno, poi nella nostra vita subentrò Roberto, questa volta un umano adulto interessato a me, che volle sposarci tutte quante e ci trasferimmo in un appartamento più grande, in un condominio dove non accettavano cani in appartamento.

Soffrimmo molto per la separazione, ma ci confortava il fatto che la sapevamo affidata a persone che l’avrebbero curata ed amata.

Consolai Natalia spiegandole che il percorso della vita è fatto di incontri e di separazioni, l’importante era conservare dentro di noi sempre vivo il ricordo di chi, in un modo o nell’altro, percorreva un tratto di strada con noi.

A volte ci sono anche gli addii e la mia bambina dovette provarlo quando Milly ci lasciò per sempre, quasi improvvisamente.

Appena alzata, prima di fare colazione, Natalia correva a salutare le sue amiche, una mattina trovò Milly immobile con gli occhi dilatati che non rispondeva alle sue carezze.
 
Venne dentro piangendo “Mamma, Milly sta male, sta morendo.”

Corsi a vedere di cosa si trattasse, la gatta non rispondeva alle carezze, sembrava non vederci, e quando provai a prenderla in braccio cominciò a ringhiare come se non mi riconoscesse.

Rimasi impressionata, Milly non aveva mai mostrato aggressività nella sua breve vita.

Era stata sempre docile, affettuosa, legatissima a noi, mai una manifestazione di minaccia.

Accompagnai Natalia a scuola promettendole che dopo avrei immediatamente portato Milly dal veterinario.

Mentre ero in sala d’attesa cominciò ad avere convulsioni, io con gli occhi lucidi la accarezzavo e la stringevo a me nella speranza di fare cessare quei movimenti convulsi.

Gli altri clienti, impietositi, mi fecero entrare subito ed il veterinario non potè fare altro che constatare la gravità irreversibile della situazione.

Milly aveva un tumore al cervello, stranamente asintomatico fino a poco prima.

Decisi di farla abbattere perché era straziante vederla soffrire così; per dieci anni avevamo goduto dell’affettuosa presenza di Milly e la sua morte ci avrebbe lasciato un vuoto difficilmente colmabile.

Questo avvenimento rese ancora più difficile il carattere di Wendy, aveva perso anche la sua mamma adottiva, l’unica con cui si scambiava coccole e cuscini.

Per diversi giorni la cercò miagolando, aggirandosi tra i cuscini e gli oggetti di Milly, annusandoli intensamente e guardandosi attorno forse nella speranza di vederla comparire.

Si inasprì ancora di più il suo atteggiamento nei confronti di Cora che si ritrovò a sua volta senza l’appoggio ed il conforto di Milly.

Vorrei ricordare brevemente Milly perché in questa storia lei appare come una figura marginale.

Ci venne affidata da un ragazzino che aveva a casa una coppia di siamesi, quando nacque la cucciolata, dietro nostra richiesta, ci affidò uno dei gattini, Milly appunto.

Lei si dimostrò subito buona, affettuosa, amante della compagnia e dei bambini, si affezionò soprattutto a me, ma era teneramente legata anche a Natalia.

La sua preferita però ero io; era me che cercava sempre, appena io ero seduta saltava sul mio grembo facendo delle fusa rumorosissime e forse mi identificava per la sua mamma perché cominciava a succhiare un lembo del mio maglioncino e affondava le zampette contro.

La sera era un rito per noi, io stavo seduta sul divano a guardare la TV e lei si sistemava in braccio a me, sonnecchiando e facendo le fusa alle mie carezze.

Ricorderò sempre un pomeriggio che stavo malissimo, mi era scoppiata una tremenda emicrania, Natalia era uscita con il suo papà, il mio ex marito, ed io ne approfittai per abbandonarmi distrutta a letto, al buio.

Avevo lasciato la porta del terrazzino socchiusa e dopo qualche minuto avvertii qualcosa saltare sul mio letto, era Milly.

Non avevo neanche le energie per alzarmi e chiuderla fuori, lasciai che lei si sedesse sul letto, e Milly fece di più, si acciambellò appoggiandosi a me, quasi a volermi trasmettere calore ed affetto, e stette lì, ferma, con gli occhi chiusi, tutto il tempo che rimasi a letto.

Non mi lasciò sola neppure per un attimo ed io assaporai quella discreta, preziosa vicinanza addormentandomi profondamente.

Quando mi svegliai lei mi fissava con i suoi occhioni blu, annusandomi il viso con il nasino umido, ed io constatando che stavo meglio glielo dimostrai riempiendola di coccole e alzandomi con lei in braccio e la sua testolina appoggiata al mio viso.

Fu un momento molto intenso tra noi due e non lo dimenticherò mai.